La separazione personale dei coniugi, il divorzio, la nullità del matrimonio e la cessazione della convivenza coniugale non debbono mai avere effetti pregiudizievoli sulla prole e non debbono mai ledere gli interessi e i diritti della stessa.
Detto ciò, andando ad analizzare il caso di specie che ci riguarda e diciamo subito che il dovere di mantenimento dei figli maggiorenni è sancito dall’art. 30 della Costituzione nonché dagli artt. 147 e ss. c.c. che impongono ad entrambi i genitori l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle inclinazioni e delle aspirazioni dei figli, in proporzione alle loro eventuali capacità lavorative e non prevedendo la automatica cessazione al raggiungimento della maggiore età.
A tal riguardo, la novella della legge n. 54/2006 ha rafforzato tale obbligo e all’art. 155 quinques ha stabilito che “il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico”.
Anche l’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne, al pari di quello del figlio minorenne, tiene conto delle spese ordinarie della vita quotidiana (vitto, abbigliamento, ecc..) che quelle di istruzione e/o delle vacanze.
Peraltro, in caso di separazione o divorzio, l’art. 155 c.c. statuisce che per la determinazione dell’assegno occorre far riferimento al tenore di vita goduto dai figli in costanza di convivenza con entrambi i genitori nonché ai tempi di permanenza presso ciascun genitore, alle risorse economiche degli stessi e alle esigenze “attuali” del figlio.
Tuttavia, l’obbligo dei genitori di contribuire al mantenimento del figlio maggiorenne, non è un dovere protratto all’infinito, essendo soggetto al parametro del raggiungimento di un’autosufficienza economica tale da provvedere autonomamente alle proprie esigenze di vita.
La giurisprudenza ha più volte chiarito il concetto di indipendenza del figlio maggiorenne, statuendo che non qualsiasi impiego o reddito fa venire meno l’obbligo al mantenimento (Cass. n. 18/2011).
L’obbligo al mantenimento, invece, viene meno in presenza di un impiego tale da consentire al figlio un reddito corrispondente alla sua professionalità, adeguata alle sue attitudini ed aspirazioni (Cass. n. 14123/2001; Cass. n. 1773/2012).
Molto importante, altresì, è la circostanza che l’obbligo suddetto perdura sino a quando il mancato raggiungimento dell’autosufficienza economica, non sia causato da negligenza o non dipenda da fatto imputabile al figlio.
In quest’ultimo caso, per esempio, è configurabile l’esonero della corresponsione dell’assegno, laddove il figlio avendo concrete possibilità di raggiungere una autonomia economica abbia rifiutato senza giustificato motivo una opportunità lavorativa o abbia dimostrato colpevole inerzia perseguendo, per esempio, un percorso di studi senza un concreto rendimento (Cass. n. 4765/2002; Cass. n. 7970/2013).
Il genitore che intenda essere esonerato dall’obbligo del mantenimento deve rivolgersi al Tribunale competente e fornire la prova che il figlio è divenuto autosufficiente ovvero che il mancato svolgimento di attività lavorativa sia a quest’ultimo imputabile (Cass. n. 828/2009).
Avvocato FABRIZIO LANZI
STUDIO LEGALE LANZI-CAMPAGNOLI
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