Questo il messaggio del Vescovo Marcello Semeraro per il Santo Natale 2014.
“Giunge il Santo Natale, ancora quest’anno in un clima di gravi ansietà: quelle materiali, che tocchiamo con mano nelle nostre Caritas, ma pure quelle morali e sociali, di cui tutti avvertiamo i contraccolpi, specialmente sui giovani. Fra i più gravi rilevati anche dal Censis, un ripiegamento narcisistico su stessi e la simultanea tendenza a sommergersi. Cresce il fervore delle rivendicazioni soggettive; mancano i grandi desideri, le ampie prospettive. Gli stessi media, invece d’essere strumenti per aprirsi al mondo e relazionarsi con esso, paiono degli specchi introflessi: tutto è autoreferenziale, egoista. In tale quadro l’annuncio del Natale diventa pro-vocazione, ossia una mano tesa di aiuto. Per cosa? Per uscire. Nascere vuol dire uscire. L’augurio è che il Natale ci veda in uscita, come direbbe papa Francesco.
Contemplando il mistero della nascita di Gesù, mi tornano a mente le parole del canto di Zaccaria: «Dio ha visitato e redento il suo popolo». Una prima riflessione sulla parola visita, che vuol dire cercare un altro, recarsi da lui. Le nostre visite in genere sono occasionali, provvisorie, a tempo. Quella di Dio a noi, al contrario, è voluta fin dall’inizio, prima ancora della creazione. Da sempre ci ha amato. Neppure è una visita a tempo. Per sempre ci ama: «venne ad abitare in mezzo a noi», leggiamo nel vangelo. Zaccaria aggiunge che Dio ha pure «redento» il suo popolo. A me pare molto significativa questa «cura», che Dio ha per ciascuno di noi. Egli ci visita per prendersi cura di noi. La sua presenza, è vicinanza di amore, relazione benevola, presenza di guarigione.
Se così fossero anche le nostre visite, i nostri incontri! Mettersi gli uni accanto agli altri, per avvertire la responsabilità dell’altro, prenderci cura di lui, avere a cuore il suo bene, condividere le sue speranze. È questo, dunque, l’augurio: a Natale sentiamoci davvero visitati dal Signore, rinfrancati dalla sua vicinanza guaritrice, dalla sua misericordia in noi. E facciamo come lui: mettendoci accanto ai fratelli, anche per essere, se possibile e in qualche maniera, guaritori delle loro ferite. Vedremo che curando le sofferenze degli altri anche le nostre ferite si rimargineranno”.
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