“Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo”. Per ottenere questo risultato si è battuto, in tutta la sua vita professionale, il Magistrato Paolo Borsellino, ucciso da Cosa Nostra nella strage di via D’Amelio, il 19 luglio del 1992.
Borsellino, insieme a Giovanni Falcone, ucciso con la moglie e la scorta il 23 maggio dello stesso anno, faceva parte del cosiddetto pool antimafia, creato dal Magistrato Rocco Chinnici. Il lavoro di Borsellino e dell’amico Falcone contro la mafia è stato impagabile, nonostante la coscienza di sfidare un’organizzazione criminale violenta e omicida. Il 19 luglio 1992, dopo aver pranzato con la moglie Agnese e i figli Manfredi e Lucia, Paolo Borsellino si recò insieme alla sua scorta in via D’Amelio, dove vivevano sua madre e sua sorella Rita. Alle 16,58 una Fiat 126 imbottita di tritolo, parcheggiata sotto l’abitazione della madre, esplose al passaggio del giudice, uccidendo lui e i cinque agenti di scorta Emanuela Loi a cui il Comune di Nettuno ha intitolato un Istituto superiore, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Oggi il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella (il cui fratello Piersanti Mattarella, lo ricordiamo, fu ucciso dalla mafia nel 1980), durante le cerimonie con cui ogni anno si commemora il coraggio infinito di chi ha voluto combattere il malaffare e la criminalità organizzata a costo della propria vita ha detto: “La Repubblica si inchina in memoria di Borsellino, combattere le zone grigie dello Stato”.