La liquidazione dei dipendenti pubblici va pagata subito. La Consulta dice basta al differimento. Con la sentenza n. 130, depositata oggi, la Corte Costituzionale, unico vero baluardo in questo nebbioso periodo, ha sancito che il rinvio dell’erogazione del tfs (la liquidazione dei dipendenti pubblici) contrasta con il principio della giusta retribuzione, sancito dalla Costituzione. La Consulta infatti afferma che il tfs ne costituisce una vera e propria componente. La Carta Costituzionale afferma, come noto, che tutto quanto concerne la retribuzione deve essere congruo nella sostanza e tempestivo nell’erogazione e quindi anche il tfs, come gli stipendi, non può essere soggetto a differimento nel tempo. Si tratta di una sentenza epocale che avrà impatto su oltre un milione e mezzo di pensionati del pubblico impiego, che stanno attualmente ancora aspettando che gli venga accreditato il trattamento di fine servizio. La corte nelle motivazioni spiega che il tfs costituisce un emolumento volto a sopperire alle peculiari esigenze del lavoratore in una particolare e più vulnerabile stagione della esistenza umana, e cioè il pensionamento. Questa sentenza rischia di avere un impatto importante sulle casse dello Stato e dell’Inps ma, sempre la Consulta ha ribadito che non si potrà continuare a rimandare e rateizzare, anche perché negli anni si è creata una forte differenza con quanto accade con la liquidazione dei dipendenti privati. In concreto possiamo dire che con questa epocale sentenza governo e parlamento non hanno più alibi per differire ulteriormente l’adozione di norme che mettano fine a questa penalizzazione che riguarda il tfs. Infine, la stessa Consulta ha censurato anche l’iniziativa degli anticipi onerosi concessi dalle banche, perché con questo sistema i pensionati erano costretti, per avere un proprio diritto, ampiamente maturato, a pagare una quota del proprio tfs.
Roberto Alicandri