Il coniuge che abita nella seconda casa non deve pagare l’Imu. Lo ha deciso la Corte Costituzionale che si è espressa su una annosa questione che durava dal 2011, ovvero quando fu introdotto il concetto di nucleo familiare. Non si può infatti penalizzare le coppie legalmente unite rispetto alle altre, limitando loro quelle molteplici esenzioni Imu sulle prime case di cui gode invece chi non ha legami di fronte alla legge. Questo ha detto ieri la Corte Costituzionale. Insomma la Consulta dichiara illegittima la norma del 2011 perché discrimina le coppie sposate o unite civilmente rispetto ai conviventi di fatto. Torna quindi la doppia esenzione, anche all’interno dello stesso Comune.
La questione risolta ieri dalla Consulta nasceva con il decreto legge 201 del 2011, che introduceva il concetto di “nucleo familiare”. Una coppia sposata doveva fissare la dimora abituale del proprio nucleo, e solo su quella non avrebbe pagato l’Imu, presupponendo che i coniugi dovessero abitare sempre insieme. Sugli altri immobili posseduti dalla coppia, anche se occupati abitualmente, ad esempio per motivi di lavoro, non sarebbe scattata l’esenzione e si è quindi dovuto pagare la tassa regolarmente. Una coppia non sposata o non unita civilmente, invece, non costituendo “nucleo familiare”, non doveva indicare un’unica dimora abituale, con l’effetto di poter godere di una doppia esenzione Imu.
Nel nostro ordinamento costituzionale non si possono trovare misure fiscali strutturate in modo da penalizzare coloro che hanno deciso di formalizzare il proprio rapporto e quindi la sentenza ha dichiarato illegittime le norme che, per i componenti del nucleo familiare, limitano l’esenzione ad uno solo degli immobili. Una distinzione che d’altronde è anacronistica perché è sempre meno rara l’ipotesi che persone unite in matrimonio o unione civile concordino di vivere in luoghi diversi, ricongiungendosi periodicamente, ad esempio nel fine settimana, rimanendo nell’ambito di una comunione materiale e spirituale.
Ora si apre ovviamente anche la questione dei rimborsi, che potranno essere richiesti a seguito di questa importante sentenza, visto il fatto che a parte i pagamenti che sono andati oltre il limite della prescrizione, la Consulta parrebbe aver anche spalancato la porta per richiedere ai comuni la restituzione degli ultimi anni di imposta.
Roberto Alicandri