“Esitono esseri umani che hanno bisogno di fare del male, talvolta anche uccidere, come noi abbiamo bisogno di mangiare o dormire”. Sono queste le parole, essenziali ma significative, che Emilio Orlando, giornalista di Repubblica e scrittore, utilizza sfruttando la bella cornice del Levante Caffè letterario a Nettuno per chiarire i contorni dello scioccante omicidio di Luca Varani, al centro del suo libro-inchiesta “Buoni assassini. Genesi di un delitto, il caso Varani“, edito da Bonfirrao. Un’omicidio commesso da due ragazzi, etichettati da tutti – stampa e opinione pubblica in primis – come perfettamente normali, equilibrati, intelligenti, integrati. Eppure Manuel Foffo, 28 anni, e Marco Prato, 29 anni, entrambi studenti universitari, il 3 marzo del 2016 si vedono col ventitreenne Luca Varani con in mente la chiara idea di ucciderlo, senza un movente, per il puro gusto di vedere una persona morire. Così si incontrano, bevono, drogano Varani e lo aggrediscono, torturandolo per ore prima di finirlo.
Un delitto che sconvolse l’opinione pubblica, e che Emilio Orlando – aiutandosi anche con una nitida e netta divisione dei capitoli – scompone in tutti i suoi più piccoli elementi, analizzando la psicologia di ogni personaggio coinvolto, il nucleo familiare dei due assassini, la teatralità di tutti i loro gesti, il timore reverenziale nei confronti delle madri e quella voglia così forte – e apparentemente del tutto sconnessa e inspiegabile – di voler salvare la faccia e ben figurare, anche dopo un crimine tanto efferato.
“Volevo sviscerare i dettagli nascosti e complessi di quello che, dall’esterno, è solo un delitto abietto e futile – ha spiegato Emilio Orlando – ma è un delitto commesso in una periferia esistenziale, che può arrivare in primis dalle famiglie, differenti ma accomunate dall’idea del self-made man, con il padre di Foffo che consiglia al figlio come comportarsi per la confessione. Il contesto familiare ha finito col giustificare e quasi legittimare l’omicidio, al pari della tragedia greca, che forniva una narrazione che, gradualmente, dava delle spiegazioni lecite ai delitti commessi. Gli stilemi della mitologia d’altronde ci sono tutti in questa vicenda”.
Una vicenda divenuta teatrale e più che mai televisiva anche per quanto accaduto dopo, con l’apparizione a Porta a Porta di Valter Foffo, padre di Manuel, pronto a precisare che il figlio è un ragazzo modello, a cui «non piacciano i gay, ma le donne vere», e con l’incredibile presenza di un circondario familiare apparentemente molto restio a rendersi conto della reale natura delle circostanze. “Stando alle dichiarazioni e agli atteggiamenti dei padri dei due assassini – spiega Orlando – siamo in un certo senso di fronte a una rimozione inconscia, con un’attenzione spasmodica a piccolezze che, di fronte a un omicidio tanto raccapricciante, sembrano fuori luogo, e con la stessa reazione alle confessioni che palesa la sola volontà di voler scagionare, motivare e giustificare persino un atto tanto inspiegabile”.
“Il diavolo è talmente stanco che ha lasciato tutto agli uomini, che sanno fare meglio di lui” conclude così la serata Emilio Orlando, prendendo a prestito una nota frase di Leonardo Sciascia, che meglio di molte altre prova a dare un senso alla crudeltà che si ritrova in tutte le pagine di “Buoni assassini. Genesi di un delitto, il caso Varani“, che con linguaggio fluido e un accurato studio dei personaggi fa un quadro – nitido, preciso e che analizzi il più possibile la stessa società in cui tutto avviene – di quello che può etichettarsi di sicuro come uno dei casi di cronaca nera più crudi e scioccanti degli ultimi decenni.