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PILLOLE DI PSICOLOGIA – Quel ragazzo così strano: quando si parla di schizofrenia

Nuovo appuntamento con la rubrica "Pillole di Psicologia" a cura del dottoressa Elena Cagnacci che affronta le tematiche più importanti del settore e chiarirà i vostri dubbi. In questo articolo si parla di schizofrenia. Per inoltrare le vostre domande potere scrivere redazione@ilclandestinogiornale.it con oggetto “Pillole di Psicologia"

Quante volte ci è capitato di sentire storie o di conoscere ragazzi “particolari”, che si comportano in modo strano, che vengono additati come “i pazzi del quartiere”, e quante volte ci capita di allungare il passo o cambiare lato della strada per evitare strani personaggi, spesso clochard (o barboni!), che urlano ed inveiscono contro qualcosa o qualcuno, che parlano da soli guardando un punto fisso o che sembrano arrabbiati ed urlano furiosamente?

Talvolta può trattarsi di persone in preda all’alcool o ad altre sostanze, talvolta può invece darsi che siano in preda ad un attacco psicotico, una distorsione ed un distacco dalla realtà transitorio, che può avere diverse cause e che necessita di un trattamento psichiatrico.

Quando parliamo di attacco o crisi psicotica ci riferiamo ad una sorta di frantumazione più o meno grave della personalità: la persona non è più in grado di comprendere adeguatamente la realtà e di sentire che vi appartiene; è come se vivesse in un mondo “altro” visibile e percepibile solo a lui. Sebbene possano avere sintomi comuni, in ambito psichiatrico si tende a distinguere due tipi di psicosi, anche se si manifestano gli stessi sintomi, come i deliri o le allucinazioni.

Le psicosi possono essere di natura “esogena” ed organica, ovvero possono essere provocate da una nota causa medica (ad esempio alcuni gravi casi di malattie infettive, oppure l’uso ed abuso di sostanze o alcool, o ancora una grave demenza senile, o gravi tumori, traumi, e così via), oppure di natura c.d. “endogena”, ovvero quelle in cui non è riconosciuta una causa. Questo tipo di psicosi esordisce di solito intorno ai 18 anni (esordio tra i 18 e i 25) e porta con sé sintomi molto pesanti per il ragazzo/a e la sua famiglia. Notoriamente viene chiamata schizofrenia che letteralmente, dal greco, significa “separazione, divisione” (schizo) “della mente” (phrenie). Ciò perché, metaforicamente, la mente non è più coesa, integrata.

La schizofrenia ha un decorso solitamente cronico e presenta sintomi facilmente riconoscibili che devono perdurare per almeno un mese: deliri (convinzioni o idee errate, non condivisibili o persistenti, come l’essere certi che domani il sole non sorgerà, o l’essere convinti di essere Donald Trump o di essere perseguitati dagli alieni), allucinazioni (vedere o sentire qualcosa che non è visibile o percepibile da altri), linguaggio disorganizzato (sta parlando di qualcosa e passa a tutt’altro o fa delle associazioni incoerenti fra loro), pensieri illogici o irrazionali, comportamento molto agitato o, al contrario, catatonico (è immobile per ore o giorni) e sintomi che vengono definiti “negativi”, cioè delle capacità che la maggior parte della gente ha ma che i pazienti affetti da schizofrenia n qualche modo perdono, e dunque manifestano incapacità di esprimere o di sentire le emozioni, perdita della voglia di fare qualsiasi cosa, incapacità di essere felici, l’essere isolati socialmente.

Alla luce di tutto ciò si comprende come la schizofrenia costituisca un disturbo molto complesso, di cui ancora si conoscono poco le cause, ritenendola probabilmente il risultato dell’interazione di fattori ambientali e genetici. L’ampia gamma di sintomi e i diversi profili che questo disturbo può assumere nei vari pazienti rendono talvolta complessa una diagnosi precoce, aspetto su cui risulta indispensabile lavorare: un intervento tempestivo potrebbe infatti risultare centrale per una prognosi favorevole1.

Infine, avere un familiare che soffre di schizofrenia mette a dura prova la famiglia poiché le crisi possono essere più o meno forti e, purtroppo, spesso anche poco gestibili. Il trattamento di elezione di questa malattia è la cura farmacologica, cui tuttavia sarebbe importante affiancare una terapia familiare, poiché la schizofrenia colpisce in qualche modo tutto il nucleo familiare, che deve essere così coinvolto nel tentativo di recupero del paziente. La buona notizia è che, se adeguatamente seguiti, questi ragazzi – perché spesso si tratta di giovani – possono lentamente aspirare a recuperare la propria vita. Ci sono diverse strutture che li riabilitano e che li rendono il più autonomi possibile ed una buona terapia psichiatrica e farmacologica, accanto ad una di tipo psicologico può aiutare il paziente (e la sua famiglia) a sentirsi “più integrato” nella realtà e nella società e meno solo o malato.

Elena Cagnacci, psicologa e psicoterapeuta

Dott.ssa Elena Cagnacci  Psicologo – psicoterapeuta
Consulente tecnico d’ufficio del Tribunale di Velletri
Consulente di mediazione familiare
Via Gorizia 17 (Nettuno)