Home Cronaca PILLOLE DI PSICOLOGIA – Bambini e nuove tecnologie: miti e verità

PILLOLE DI PSICOLOGIA – Bambini e nuove tecnologie: miti e verità

Nuovo appuntamento con la rubrica "Pillole di Psicologia" a cura del dottoressa Elena Cagnacci che affronta le tematiche più importanti del settore e chiarirà i vostri dubbi. In questo articolo si parla di bambini e tecnologie. Per inoltrare le vostre domande potere scrivere redazione@ilclandestinogiornale.it con oggetto “Pillole di Psicologia"

Young boy watching tablet PC

Spesso ci capita di vedere bimbi di appena un anno e mezzo o addirittura più piccoli che interagiscono con il telefonino e che ci sembrano dei piccoli geni. La loro intelligenza gli consente di comprendere fin da subito che con il dito la realtà cambia o diventa rumorosa e così è frequente vedere le loro minuscole dita che armeggiano spingendo pulsanti o parti dello schermo in attesa che si verifichi una reazione da parte del dispositivo che hanno in mano. Tuttavia questo non è necessariamente indice di genialità o particolari capacità. Di certo il fatto di essere nati nell’era digitale, da un lato, e dall’altro, di apprendere prevalentemente per imitazione degli adulti – spesso perennemente attaccati agli smartphone – li rende particolarmente predisposti ad interagire precocemente con le nuove tecnologie.
Molti insegnanti, nonché pediatri, sottolineano come i bimbi di oggi si annoino a giocare con giochi tipici della loro età, come le costruzioni, ed in generale tendano a spegnere la loro creatività. Il rischio legato all’utilizzo precoce delle nuove tecnologie è proprio questo: messi di fronte ad un qualcosa che risponde in maniera preordinata, lentamente viene meno non solo il pensiero creativo, ma anche la capacità di sperimentare la propria autoefficacia data dal vedere, ad esempio, realizzato il gioco che si sta facendo e l’efficacia delle strategie utilizzate. Quando giocano con giocattoli creativi o quando inventano loro stessi il gioco, i bambini possono deciderne l’andamento, se finire o meno, se aggiungere qualcosa, insomma possono pensare. Quando invece si trovano davanti ad un gioco di un telefonino l’unico esito possibile è la vittoria o la fine del livello: in poche parole obiettivo e non processo… e non solo, l’obiettivo è dato dalla macchina che comunica lei l’esito dell’esecuzione. Tutto ciò che i bambini deve fare è eseguire: imparano le poche regole del gioco, le applicano, e le ripropongono ripetitivamente senza capire cosa stiano facendo, spesso per tentativi ed errori, appunto non pensando.
Pensiamo al classico caso del ristorante: quante volte abbiamo noi stessi preferito mettere i bambini di fronte al tablet con un cartone o un gioco per poter chiacchierare tranquillamente con il nostro vicino? Come si faceva quando non c’erano telefonini e ipad? Si portava qualche gioco, magari i colori o un piccolo puzzle e si intrattenevano i bambini, non lasciandoli soli, ed interagendo di tanto in tanto con loro, magari aiutandoli. Le nuove tecnologie permettono invece di occuparsi di sé stessi. I giochi che si potevano inventare al ristorante, i disegni sulle tovagliette o l’insegnare al bambino, di qualsiasi età, ad interagire con gli altri, spingendolo quindi a mettere in gioco le sue risorse relazionali, sono tutti aspetti che quotidianamente vengono meno… ed un mito rispetto a ciò è il pensare che “d’altronde, prima inizia ad usarle e prima impara”, oppure, “in questo modo non avrà le difficoltà che ho avuto io”, o ancora “se non glielo faccio fare sarà emarginato dai compagni perché i loro genitori glieli fanno usare…”. Le appena citte risorse relazionali vengono sempre meno anch’esse, nel momento in cui il bambino viene messo di fronte ad un telefonino: gli aspetti legati al gioco condiviso – si, anche con l’adulto, non necessariamente con altri bambini – alla cooperazione, al rispetto dell’altro e dei suoi tempi, nonché delle sue idee in merito al gioco, o dello spazio dell’altro, sono tutte risorse che vengono a mancare, ben più importanti della precoce capacità di interagire con un tablet.
Tutto questo non significa che sia completamente sbagliato avvicinare i bambini alle nuove tecnologie, ma come regola generale ci sono delle accortezze da tenere a mente come ad esempio il non lasciarli soli: anche il più semplice puzzle è bene farlo con il bimbo e commentare insieme. Allo stesso tempo, non utilizzarli ogni volta che il bambino si annoia, ma ritagliare uno spazio di tempo, limitato, in cui si giocherà a quel particolare gioco sul tablet. Ancora, cercare di limitare il tempo: mezzora è un tempo più che sufficiente per un bimbo sotto i 6 anni! Sempre a proposito di tempo, mai lasciar giocare il bambino prima di andare a letto: gli effetti dell’uso di tablet e telefonini sul sonno sono ormai noti. I giochi su schermo attivano infatti i neuroni visivi e stimolano il cervello, rendendo i bambini iperattivi. In ultimo, avrete notato che molti bambini vanno in frustrazione se il gioco non risponde come loro vorrebbero. In questo caso, prima che si arrabbino, e sovente, scaraventino il tablet, è bene mantenere la regola dello stargli accanto ed aiutarli, interrompendo il gioco per un po’ e successivamente restituendoglielo. E non dimentichiamoci che il gioco all’aperto e con i compagni è sempre da preferire a qualsiasi dispositivo tecnologico.

Elena Cagnacci, psicologa e psicoterapeuta

Dott.ssa Elena Cagnacci  Psicologo – psicoterapeuta
Consulente tecnico d’ufficio del Tribunale di Velletri
Consulente di mediazione familiare
Via Gorizia 17 (Nettuno) tel 3498423141