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L’AVVOCATO RISPONDE – La legittima difesa

Nuovo appuntamento con la rubrica "L'AVVOCATO RISPONDE" a cura dell'avv. Fabrizio Lanzi che affronta le tematiche più importanti del settore e chiarirà i vostri dubbi. In questo articolo si parla di legittima difesa. Per inoltrare le vostre domande potete scrivere agli indirizzi: s.legale.lanzicampagnoli@gmail.com OPPURE redazione@ilclandestinogiornale.it con oggetto “IL CLANDESTINO, RUBRICA L’AVVOCATO RISPONDE” oppure con #avvocatoLanzirisponde

L’art. 52 c.p. dispone testualmente: “non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa”.
Dalla lettura della norma, si comprende come la scriminante della legittima difesa ruoti intorno ai concetti di offesa ingiusta e della reazione legittima.
L’offesa ingiusta: essa deve conseguire ad una condotta umana o a un fatto di animali o cose sulle quali un soggetto abbia il potere di signoria.
Si evince, pertanto, che l’aggressione può anche non consistere in un atto di violenza, potendo concretizzarsi in un atteggiamento passivo dell’aggressore ovvero in una condotta omissiva.
L’offesa deve essere arrecata ad un diritto che può non appartenere al soggetto che pone in essere la reazione legittima. La S.C., ha evidenziato che deve trattarsi di un diritto soggettivo non essendo ammessa la legittima difesa a tutela di situazioni di mero fatto.
Per “offesa ingiusta”, il Legislatore ha inteso escludere l’effetto scriminante di atti di reazione posti in essere per difendere propri o altrui diritti da offese che siano, tuttavia, legittimate in quanto poste in essere nell’esercizio di un diritto o nell’adempimento di un dovere.
La reazione legittima: la reazione, per essere legittima, deve essere inevitabile con riferimento al pericolo d’offesa legato alla situazione concreta.
In tale prospettiva, si è sempre posta la questione dei rapporti tra la scriminante della legittima difesa e la fuga; ovvero se sia astrattamente ipotizzabile il ricorrere alla causa di giustificazione ove l’aggredito abbia a disposizione la possibilità alternativa della fuga.
Secondo la giurisprudenza più recente, la scriminante opererebbe anche laddove la fuga sia possibile ma sarebbe percepita come atto di viltà (in tal senso, infatti, la fuga comprimerebbe il diritto alla legittima difesa solo laddove sia possibile senza costringere l’aggredito ad un comportamento percepibile come segno di viltà), anche se l’orientamento più recente ha modificato tale impostazione, nel senso che l’aggredito dovrà sempre scegliere la fuga salvo che la stessa non metta in pericolo beni propri o altrui comparabili, sotto il profilo della qualità e dell’intensità della lesione, a quelli che formano oggetto della reazione legittima.
Ulteriore e fondamentale presupposto ai fini della scriminante della legittima difesa è quello della proporzionalità tra offesa e reazione. Originariamente, il parametro di riferimento erano gli strumenti difensivi a disposizione dell’aggredito, sicchè, a prescindere dalla comparazione tra i beni, si riteneva che, in caso di offesa ingiusta, ricorresse la legittima difesa, ove l’aggredito avesse a disposizione un solo strumento di difesa.
Oggi, invece, la dottrina dominante ritiene che sia sempre necessario effettuare una comparazione in concreto tra il bene sottoposto a pericolo di lesione ed il bene che forma l’oggetto della reazione difensiva, nonché in ordine al grado della lesione minacciata ed il grado della lesione arrecata con reazione difensiva medesima.
L’ambito applicativo della causa di giustificazione di cui all’art. 52 c.p. , si estende anche alla legittima difesa putativa, ovverosia alla erronea valutazione da parte dell’agente in ordine alla sussistenza dei requisiti della scriminante suddetta. Anche la legittima difesa putativa giustifica il comportamento del soggetto.
La legittima difesa reale e putativa, si differenziano per il giudizio di valutazione. Infatti, mentre la sussistenza della scriminante della legittima difesa, si fonda su un giudizio prognostico ex post; il giudice, nel riconoscere la legittima difesa putativa, si avvale di un giudizio ex ante , emancipato dagli stati d’animo e dai criteri soggettivi che hanno potuto orientare la condotta dell’agente.
Di recente, il Legislatore è intervenuto in materia di legittima difesa con la legge n. 59 del 2006 che ha aggiunto due commi all’art. 52 c.p. prevedendo che: “nei casi previsti dall’art. 614 c.p. ( violazione di domicilio) primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere: a) la propria o altrui incolumità; b) i beni propri o altrui, quando non vi sia desistenza o vi è pericolo di aggressione” e che tale previsione sia estesa anche al caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale.
Ben diversa è la figura dell’eccesso colposo, nonostante anche in siffatta ipotesi si riscontri un errore del soggetto passivo del reato.
Se nella legittima difesa putativa, l’errore attiene alla fase primordiale della condotta dell’aggredito, in quanto il soggetto si prospetta l’erronea sussistenza dei requisiti della scriminante di cui all’art. 52 c.p., nell’eccesso colposo l’errore attiene alla condotta in divenire.
In definitiva, pur sussistendo i requisiti della legittima difesa, il soggetto viene sanzionato in quanto la propria condotta esautora dai limiti applicativi della causa di giustificazione quanto a proporzione tra azione e reazione.

L’avvocato Fabrizio Lanzi

Avvocato FABRIZIO LANZI
STUDIO LEGALE LANZI-CAMPAGNOLI
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tel. 069803575

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