Home Cronaca Usura ed estorsione ad Anzio e Nettuno, sgominata banda criminale

Usura ed estorsione ad Anzio e Nettuno, sgominata banda criminale

Dalle prime luci dell’alba, poliziotti della Questura di Roma e militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza stanno dando esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal giudice per le indagini preliminari su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia della Capitale, nei confronti di un uomo, sua figlia e un terzo soggetto identificato come il “luogotenente” F.P., indagati per usura, estorsione e abusivo esercizio del credito. Gli investigatori, coordinati dalla D.D.A., hanno ricostruito numerosi rapporti usurari gestiti da padre e figlia, che, nel caso di mancata o ritardata restituzione del denaro, estorcevano con minacce e violenza i crediti che vantavano nei confronti delle vittime.

Accanto ai due uomini, destinatari di misura cautelare in carcere, emerge la figura della figlia del capo, per la quale sono stati disposti gli arresti domiciliari. “La donna – scrivono gli inquirenti – oltre ad aver fattivamente partecipato ad alcuni episodi di usura, era la compagna di un pregiudicato per associazione mafiosa e traffico internazionale di stupefacenti oggi deceduto, fratello di un esponente di vertice della cosca calabrese dei Gallace, proveniente da Guardavalle, da anni stanziata sul litorale romano, soprattutto tra Nettuno e Anzio. L’operatività dei Gallace come locale di ‘ndrangheta in provincia di Roma è stata giudizialmente sancita dalla Corte di Appello di Roma che con la sentenza del giugno 2018 ha confermato e inasprito le condanne per associazione mafiosa comminate in primo grado dal Tribunale di Velletri a diversi esponenti della cosca”. Proprio il legame con i Gallace, scrivono le forze dell’ordine “sarebbe stato talvolta rimarcato dal capo della banda per conferire maggiore forza intimidatoria alle proprie minacce”.

I sodali imponevano pagamenti settimanali per il rientro del debito, applicando tassi di interesse pari al 40% mensile per prestiti fino a 5.000 euro. Oltre tale importo si “accontentavano” del 10% mensile, ma, in questo caso, il pagamento era a “capitale fermo”, in quanto le rate non decurtavano il capitale iniziale. Una vittima, ad esempio, per un prestito di 80.000 euro, è stata costretta a pagare 8.000 euro al mese senza che l’importo iniziale venisse ridotto nel tempo. Per estinguere il debito, infatti, l’usurato era tenuto a corrispondere l’intera somma presa a prestito più una rata. In caso di ritardi nei pagamenti, poi, venivano applicate “multe” fino all’intero importo della rata non corrisposta.

La sinergia tra il personale della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza, armonizzati dalla regia della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, ha permesso di smantellare definitivamente l’agguerrito sodalizio, liberando dal giogo dell’usura molte famiglie della Capitale, dove operavano, in prevalenza, i tre soggetti arrestati.