Si entra nel vivo del Processo contro il clan Di Silvio a Latina legato all’operazione Alba pontina. Ascoltato in aula anche un imprenditore di Nettuno a cui sono estati estorti dei soldi dopo una serie di minacce. L’uomoha spiegato che, dopo essere stato minacciato, voleva capire chi si era trovato di fronte. “Ho fatto delle ricerche in rete – ha detto – dopo che erano venuti diverse volte e ad un certo punto ho avuto molta paura. Non ho denunciato perché pensavo che questa cosa si risolvesse e poi non ho avuto il coraggio”. E’ questo uno dei passaggi più significativi della deposizione del commerciante di Nettuno, vittima di una estorsione che è andata avanti per diversi mesi e che si è consumata nella primavera del 2016. La ricostruzione del testimone è stata chiara anche se poi l’uomo ha spiegato che per dei problemi di salute molto gravi in famiglia, alcune cose è come se le avesse dimenticate ed ha detto di essere stato in ospedale sia ad Anzio che a Roma per dei vuoti di memoria. “Ho avuto l’amnesia”. Ma in aula ha ricordato bene le minacce, quando in particolare Riccardo Agostino si era presentato da lui, perché sosteneva che la vittima doveva dare dei soldi ad una terza persona di Latina, inviata da Riccardo Agostino per la riscossione. Era un debito di 10mila che cresceva ma la vittima dell’estorsione ha detto che non aveva debiti e che i lavori che erano stati eseguiti nella sua attività da chi lamentava il mancato pagamento, erano stati pagati con regolare fattura. L’imprenditore nel ramo florovivaistico ha subito le estorsioni di Riccardo, Samuele Di Silvio e del padre Armando.
La forza del clan stava anche nel potere intimidatorio. L’imprenditore di Nettuno, pur subendo tutta una serie di intimidazioni ed estorsioni, non ha denunciato per la paura dei ricatti, del blitz nella sua azienda da parte di Riccardo e Samuele Di Silvio, persino, a quanto dichiarato dal pentito, compresi colpi di pistola sparati in aria nei pressi della sua ditta da parte del figlio di Lallà. Un calvario per l’imprenditore che non denuncia per paura, che reagisce esasperato insultando e spintonando Samuele Di Silvio ma che, poi, terrorizzato da una pistola che Samuele gli mostra sotto la maglia, si rivolge a un carrozziere pregiudicato di Nettuno per fermare le richieste estorsive dei Di Silvio e che alla fine paga.