Abitare, accogliere, diventare figli: sono i tre verbi con cui desidero formulare l’augurio (vorrei anche dire l’invito) natalizio. Li raccolgo dal vangelo secondo Giovanni che sarà proclamato nella Messa del 25 dicembre. Rileggiamo: «il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi … Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio». Gesù non è giunto a noi come un turista e neppure come un occupante. È arrivato come uno straniero, perché la sua patria era altrove: il grembo del Padre, dove fin dall’eternità è stato generato e dal quale non si allontanerà mai. È giunto senza permesso di soggiorno; lo ha fatto chiedere, anzi, a una donna di un angolo sperduto del mondo. Giunge a noi come estraneo e i suoi non lo hanno accolto. Ecco la storia. Prima che di una felice intimità, Natale è il dramma di un respingimento. Il vangelo secondo Luca, in verità, non la racconta così. Narra laconicamente che non c’era posto nell’alloggio! Tutto molto anonimo e burocratico. Non c’è posto, l’ufficio è chiuso: punto! E si nasconde così pure la faccia. Alcune persone, tuttavia, lo hanno accolto Gesù: Maria e Giuseppe (due sposi che si vogliono bene), dei pastori di Betlemme (fra gli scartati dell’epoca, che perciò conoscono il rifiuto) e alcuni Saggi giunti da Oriente (i quali intuiscono la furbizia del potente di turno e cambiano rotta). La nascita – ogni nascita, non solo quella di Gesù – è questione di accoglienza. Ciascuno di noi entra nel mondo da estraneo e ne diviene parte soltanto grazie all’accoglienza che riceve da chi lo ha generato e da chi gli sta attorno e gli vuol bene. Ed è poi sempre così. Anche per questo, forse, il quarto evangelista unisce l’accoglienza al diventare figli. Il mistero che si realizza per quanti accolgono Gesù Salvatore – generati non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio – è un po’ una sorta di specchio per ciò che si avvera in chiunque accoglie chi giunge d’altrove. Anche nella nostra dimensione terrena, quando si accoglie si diventa figli; almeno uomini, diciamo. Auguri per il Santo Natale e per il nuovo anno. Perché ci veda diventare più umani.
Marcello Semeraro, vescovo