La pace richiede quattro condizioni essenziali: Verità – Giustizia – Amore – Libertà.
Inizio questo racconto/sfogo con questa frase del Santo Padre Giovanni Paolo II perché mi sembra opportuno visto che parlo di una istituzione scolastica dal fondamento cattolico cristiano come la San Giovanni, pur ritenendo che queste condizioni, che il Santo Padre ha scritto, siano condizioni essenziali che non dovrebbero mai mancare all’interno di ogni istituzione scolastica così come in ogni ambiente lavorativo. Quando manca la verità cioè la capacità di essere schietti – chiari – onesti con se stessi, con le persone con cui si lavora, con chi porta i propri figli presso le nostre scuole/istituzioni scolastiche, cosa ci si può aspettare dalle generazioni future, cosa si può pretendere da delle insegnati che fanno di tutto per lavorare con passione ed impegno? Niente ci si può aspettare, perché la delusione – il rammarico è talmente forte che si perde finanche l’entusiasmo. Come si possono guardare i bambini con cui si è lavorato o i loro genitori negli occhi senza saper dare una risposta precisa e concreta perché loro stesse vivono nell’ambiguità, loro stesse sono costrette ad ingoiare rospi amari, non sapendo cosa gli può accadere il giorno dopo, il mese dopo o l’anno dopo. Quando manca la giustizia cioè avere i propri diritti riconosciuti, quali lo stipendio mensile – le ferie – la tredicesima – il TFR – regolarmente pagati senza dover continuamente fare estenuanti telefonante presso un ufficio, le cui segretarie non rispondono mai, si danno sempre impegnati in riunioni, in impegni fuori sede, o che sono in pausa pranzo, o addirittura non ricevere risposta alcuna perché ormai il numero di telefono è registrato e riconosciuto, perciò non si risponde neanche più, o un fantomatico legale rappresentante che neanche si degna di ricevere né le insegnanti né i genitori, e laddove lo fa da risposte standardizzate e preparate che non redimono i dubbi e le incertezze di nessuno. I diritti sono diventati solo una parola smembrata del suo significato perché totalmente denigrati e non rispettati. Quando manca l’amore cioè la passione per il proprio lavoro, per la relazione umana, per il contatto con i bambini, i genitori non si può mantenere una scuola aperta come semplice ammasso lucrativo, smembrato della sua più profonda istituzione educativa; quando mancano le competenze perché parliamoci chiaro, ne mancano e tante di competenze per quanto le insegnanti che negli anni si sono susseguite hanno messo tutto il loro impegno; ma una scuola – un gruppo insegnanti se non è sostenuto da un capo che sappia cosa sia una scuola, la sua funzione educativa, la sua impostazione, che sappia dare il giusto supporto alle sue insegnanti, non è una scuola, non è un polo di crescita professionale ma solo un lucrificio per gli interessi personali di chi la detiene. Quando manca la libertà cioè il poter esprimere in modo libero la propria creatività senza essere fermati perché non si ha autorizzazione, di volta in volta, non è scuola, ma semplice impostazione dittatoriale di chi vuole che le cose vadano secondo le proprie logiche non conoscendo e sapendo minimamente quando importante sia supportare e valorizzare le singolarità di ogni individuo, insegnante alunno che sia. Questa è diventata negli anni la scuola San Giovanni, la morte del rispetto del personale, dei genitori, degli alunni e di chi quella scuola l’ha vissuta da studente e l’ha continuata a vivere da genitore fino al giorno del basta, non se ne può più. Come può una scuola finire così in basso, come può un valore così importante essere calpestato dal primo ragazzotto arrivato, senza nessuna logica, senza nessun requisito preciso. Ancora oggi, a distanza di tanto tempo mi chiedo cosa ci sia sotto, quali sono le logiche intrinseche che hanno fatto sì che la Diocesi vendesse per una misera cifra una scuola dal valore morale inestimabile, con un accordo di affitto di 6 anni, in cui si prevedeva l’utilizzo gratuito dell’edificio per i primi 3 anni (dal 2013), al 4° anno un affitto di 7.800€, al 5° anno 12.000€ e dal 6° anno il canone totale di 84.000€ annui (3.11.2019)? Come si può ancora credere che la nostra scuola, la scuola dei nettunesi resti ancora aperta quando le iscrizione sono calate di anno in anno, quando non si pagano le insegnanti e le stesse danno le dimissioni e vanno via, quando gli stessi coordinatori che di anno in anno sono cambiati, sono andati via per incomunicabilità, quando neanche l’affitto si paga e si ha il sollecito al pagamento dalla stessa Diocesi. Sarei veramente curioso di vedere se la Diocesi mantiene quanto scritto nel sollecito, cioè l’intimazione a lasciare libero l’immobile per inadempimento. Ma più che curioso sono deluso, come cittadino, come genitore, come insegnante, come professionista, come ogni singola persona che ha sempre creduto nella San Giovanni e per essa ha rinunciato ad altro, ha lottato e litigato con altri che negli anni dicevano: ancora vai li, ancora stai lì, ancora ci porti i tuoi figli, ancora è aperta con tutte le cose non funzionanti che ci sono al suo interno. Quella scuola, la mia scuola, la nostra scuola ormai è solo la scuola di nessuno, la desolazione più brutta mai vista. “Il futuro inizia oggi, non domani” diceva sempre il Santo Padre ed il futuro dei miei figli e di tanti altri figli, ormai inizierà lontano da ciò che è sempre stato considerato, da noi, un porto sicuro per i nostri figli.
“Un Padre, una madre, un’insegnante, un lavoratore deluso”