La nuova fatica letteraria di Mauro Gavillucci intitolata “Il Clandestino”, racconta gli otto mesi vissuti dallo scrittore in Brasile, dove si era recato per tentare di pubblicare in portoghese un suo libro “Sulle tracce di Garibaldi tra Brasile, Uruguay e Argentina”. Dopo tre mesi dal suo arrivo, quando gli scadde il visto turistico, dalla sera alla mattina diventò, di fatto, un clandestino. Ai nostri microfoni il freelance ha confidato: “Non mi era mai successo e devo dire che vivere in questo limbo per oltre cinque mesi, mi ha indebolito, sottratto energie, fatto sentire spesso fuori luogo e vulnerabile”. Eppure Gavillucci una volta stampato il libro, dovette girare come una trottola da una città all’altra. “Mi accorsi ben presto di un ulteriore fastidio della clandestinità, ossia l’irrealtà del sé giuridico. Avevo un corpo, una voce, ma in realtà ero un fantasma afono, al quale conveniva essere invisibile o all’occorrenza diventarlo. Qualsiasi cosa mi fosse accaduta avrei avuto torto. Nel mio caso poi, la condizione era ancora più grave perché avevo la necessità di muovermi in macchina. Come avrei potuto percorrere quelle immense distanze a bordo di pullman, con al seguito valigia, zaino e alcune scatole piene di libri?”
Gavillucci ha viaggiato in lungo e largo tra Rio Grande do Sul e Santa Catarina, i due stati più a sud del Brasile e non sempre è stato facile. Fino a qualche anno fa, il gigante sudamericano nell’immaginario collettivo evocava immagini positive: calcio spettacolare, carnevale, ballerine, vacanze, spiagge con palme. In realtà, in questa grande nazione, 28 volte più grande dell’Italia, ogni anno avvengono circa 65.000 omicidi, numeri spropositati che ne fanno uno degli stati più pericolosi al mondo.
Lo scrittore pontino si è avventurato in questa nazione così borderline, sconvolta da un’infinità di problemi, sul punto di implodere, piena di assassini che ogni giorno timbrano il cartellino, ma per fortuna ancor più stracarica di brava gente vogliosa di vivere e lavorare in armonia con l’ambiente. Gavillucci si è immerso senza paure, sempre sorridendo anche quando c’era poco da stare allegri. Aveva un obiettivo, stampare il libro su Garibaldi in portoghese, non avendo soldi per farlo. E ce l’ha fatta.