Si è tenuto lo scorso fine settimana il tredicesimo stage di Hiroshi Shirai Goshindo di Lavinio, ad Anzio in provincia Roma, tenuto dall’inesauribile Sensei Hiroshi Shirai.
Stage breve ma intenso, impostato sulla semplicità dell’efficacia, che poi è il motivo per cui, il Maestro sentì, circa venti anni orsono, l’esigenza di arricchire la pratica del Karate Shotokan con una disciplina che integrasse, migliorando quello che c’era di migliorabile, le esigenze estetiche dell’arte con quelle meramente pratiche.
In questo percorso, il Maestro ha ribadito l’esigenza di una pratica costante di ambedue le varianti di quello che, a suo modo di vedere è lo stesso tipo di Karate, quello che in questo modo diventa quello della vita contrapposta alla morte.
Quello in grado di creare persone forti ed equilibrate, inclini alla pace ed all’amore, non per mancanza di conoscenza della violenza e della barbarie, tutt’altro.
Persone in grado di rigettare le tante provocazioni quotidiane della vita, riconoscendo alle stesse un nesso definibile karma ed in quanto tale, espressione della propria struttura animica. In questa veste, l’individuo comprende che il pericolo non sopraggiunge mai senza una propria collaborazione ancorché inconsapevole. Tale stato si definisce sincronicità, ed in quanto tale, ci invita ad analizzare con serenità gli avvenimenti nei quali ci imbattiamo. In questo senso, queste stesse provocazioni rappresentano, se ben recepite ed accolte, momenti di reale crescita, attraverso le lezioni ricevute.
C’è sempre una possibilità per non fare del male, non per codardia, all’opposto, per conoscenza profonda delle dinamiche di interazione, per reale capacità di intuito e sensibilità, per profondo rispetto della vita, per consapevolezza del possibile, tremendo impatto del Karate, in caso di bisogno.
Queste qualità sono quelle che attraverso l’Hiroshi Shirai Goshindo si affinano ed evolvono, a patto di comprendere che nella sua pratica l’attenzione deve essere in un primo momento totale, per passare poi, quando l’apprendimento risulta stabilizzato sul piano fisico, ad un livello di totale istintualità.
L’interferenza della mente cosciente e dell’Ego inquina pesantemente l’efficacia della pratica, dirottando importanti energie mentali nel momento di maggior necessità. La maggior parte dei casi di violenza urbana rappresentano manifestazioni di strutture psichiche alterate transitoriamente da eventi contingenti che riconducono a schemi di sopravvivenza ancestrali emergenti quando lo stress situazionale riduce la possibilità di ragionamento realistico. Il praticante avveduto e consapevole deve essere in grado di discernere a priori la possibilità del pericolo, conscio della sua capacità di produrre danni irreparabili. In questo modo, si attua una selezione dei comportamenti in grado di ridurre a pochissime le possibilità di reale intervento cruento, creando i presupposti per una maturazione sociale.
Enrico Cembran