Si, a volte succede che te ne stai seduta tranquillamente in un bar con giardino, a prendere un caffè quando sei attratta dal vociare indistinto di un gruppo di avventori che sta al tavolo accanto al tuo.
Ti fai attenta perché attratta da parole a te note, si sta parlando di un Michelangelo autore di splendide rime (per me è una novità! Michelangelo è un grande artista! Non sapevo che fosse anche poeta!); poi però altri personaggi: Abu Salabikh … Jamil … Ibn Arabi … Ma di che accidenti stanno parlando questi? E’ la domanda che mi frulla per la testa. Mi faccio coraggio e chiedo: “Scusate, ho sentito i vostri discorsi e mi sono incuriosita, parlate di poesia se ho ben capito”.
Mi si apre un mondo inaspettato!
Sono i “Poeti Estinti”, così si definiscono perché, mi spiegano, la poesia classica (quella con la rima, la metrica, ecc.) è morta ed ora c’è la “poesia con gli a capi”, poesia oltremodo valida, sostengono, in quanto esterna sempre uno stato d’animo; mi citano, a tal proposito, una definizione di arte fatta da Gauguin: “l’artista, quando crea, non si preoccupa del pubblico, ma di esprimere il suo stato d’animo” aggiungendo “l’opera d’arte si completa nel momento in cui questo sentimento viene recepito dal pubblico” per cui la forma decade in second’ordine, importante è che il sentire del poeta venga recepito!
“E quei personaggi di cui stavate parlando chi erano”? Chiedo. “Poeti sumeri” mi rispondono! “Sumeri”? “Si Sumeri”! E qui mi spiegano che il loro gruppo, che si riunisce ogni sabato alla Pecora Nera, si è dato lo scopo di analizare la poesia sin dal suo primo apparire, studiando le sue varie espressioni, le motivazioni culturali su cui si sono formate quelle composizioni, ecc. Composizioni che si perdono nella notte dei tempi come quelle, per l’appunto, di Abu Salabikh (risalenti al 2600 a.C.)o quelle del periodo di Isin–Larsa (2000 – 1900 a.C.) che costituiscono la maggioranza delle espressioni culturali sumere. Mi parlano poi delle influenze arabe di scrittori come il nomade arabo Jamil (660-701), del siciliano Ibn Hamdis (1055-1133), dell’andaluso Ibn ‘Arabi (1164-1240),che testimoniano in maniera tangibile l’esistenza di un’origine comune del fare poesia, che lega le loro opere a quelle di Jacopo da Lentini, Pier delle Vigne, Stefano Protonotaro, sino a quelle dei rimatori stilnovisti.
Bellissima la storia di Jamil (innamorato, corrisposto, di una giovane donna, non può coronare il suo amore con un matrimonio perché la donna è stata promessa ad un di lei cugino. Al suo amore resterà fedele sino alla fine dei suoi giorni, dedicandole tutte le sue poesie. Divenuto famoso, muore inviando un ultimo messaggio d’amore alla sua donna. Venuto a conoscenza del fatto, il Sultano volle conoscere la donna rimanendo deluso di una donna, ormai sfiorita. Bellissima la risposta della donna: “o grande difensore della fede, lui mi vedeva con occhi diversi dai tuoi”!). Ricerche le loro che si esplicano in ogni dove, citandomi un’ultima chicca: L’epitaffio di Sicilo!
Un epitaffio greco inciso su una stele (custodito in Danimarca al Museo Nazionale) che è stato oggetto di un’analisi accurata deducendo, dal testo, la sua musicalità trascritta sul pentagramma.
E’ la prima canzone pervenutaci dall’antichità una canzone di 2.200 anni (il testo è del II sec. a.C.)!Un testo di una struggente attualità:“Sicilo pose qui quest’immagine di pietra come segno durevole a ricordo immortale! / Finché vivi, mostrati al mondo, non affliggerti mai: la vita dura poco ed alla fine il tempo esige il suo tributo!” non è forse l’antesignana di tutte le liriche che invitano al vita? Il Carpe Diem latino? Una chiacchierata con persone comuni che, detto tra noi, tanto comuni non sono: con un Alessandro, ottantacinquenne che ancora scrive poesie in splendido dialetto romanesco; unGiacomo, restauratore, pittore, poeta, autore di testi teatrali quali “L’Ereide” “Er rattio delle Sabbine” in perfette rime romanesche ecc., vincitore del Tridente e personaggio dell’anno di Nettuno;un Giorgio, pregevole artista orafo e poeta anche lui; una Ivana, poetessa schiva, più nota come traduttrice e presentatrice di eventi culturali; un Maurizio, autore di una decina di libri ed abile conferenziere, promotore di quel “Festival dei Poeti” che ha suscitato un lusinghiero successo di pubblico; una Roberta, autrice di splendidi libri di poesia sia in rima che in verso sciolto; un Roberto, fotografo d’arte e pittore, con all’attivo molteplici mostre; e poi ancora, Roberto, Olga, Laura, Maria…Impossibile elencarli tutti. Un gruppo di persone che testimonia come la cultura possa nascondersi in luoghi inattesi e che ci fa ben sperare che nulla è perduto se è vero il detto: “La poesia ci salverà”! Si! A volte succede!
Marzia Ossiuti