Seconda puntata dell’approfondimento del Sicily-Rome American Cemetery, in vista del 75esimo Anniversario dello Sbarco Alleato, il prossimo 22 gennaio. Sarà una giornata molto importante per il nostro territorio e il Cimitero Americano di Nettuno celebreraà la ricorrenza con la cerimonia ufficiale alle ore 10.30, l’accensione delle luminarie alle ore 17.00 e il concerto del Chris Cappell College alle ore 18.00. Ogni evento è gratuito e aperto al pubblico.
Nella scorsa edizione abbiamo letto come il nome del Cimitero Americano di Nettuno sia dovuto alla prima parte della Italian Campaign of World War II, vale a dire la Campagna d’Italia operata dalle forze anglo-americane durante la seconda guerra mondiale. Oggi conosciamo la storia del secondo sbarco Alleato su territorio italiano. Alla Operation Husky, lo sbarco in Sicilia del 10 luglio 1943, seguì lo sbarco nel golfo di Salerno il 9 settembre dello stesso anno. Se lo sbarco in Sicilia fu necessario per estromettere dal conflitto le forze armate del Regno d’Italia, lo sbarco nel golfo di Salerno fu dettato dall’esigenza di avvicinarsi a città, porti e aeroporti ritenuti di strategica importanza dagli Alleati. Pur avendo guadagnato avamposti sul versante tirrenico della Calabria e nel golfo di Taranto, agli anglo- americani risultò evidente, sin dalla fase preparativa dell’intera Campagna d’Italia, che la morfologia della penisola italiana rendeva estremamente difficile l’avanzata in direzione nord. Al fine di evitare pericolose fasi di stallo lungo la dorsale appenninica meridionale, con conseguenti ingenti perdite in termini di uomini, gli stati maggiori delle forze armate anglo- americane stabilirono che il secondo sbarco sarebbe avvenuto a sud di Napoli.
Alle ore 03.45 del 9 settembre 1943, qualche ora dopo l’entrata in vigore dell’armistizio di Cassibile, prese il via la Operation Avalanche, lo sbarco nel golfo di Salerno. Nel litorale compreso tra Amalfi a nord e Agropoli a sud, quattro corazzate, sette portaerei, undici incrociatori e diverse decine di velivoli da trasporto tattico riversarono 170.000 uomini. Nonostante l’iniziale controffensiva tedesca, al termine delle prime 48 ore di battaglia, gli anglo- americani riuscirono ad addentrarsi nella piana del Sele, consolidando una testa di ponte lunga circa 50 km e profonda 8km verso l’entroterra. Gli scontri dei giorni a seguire furono molto violenti, causando ingenti perdite per entrambi gli schieramenti. Tra i punti di svolta dell’intera operazione, vi è la decisione del Generale Clark di far confluire sul territorio la 82nd Airborne Division (82esima Divisione Aviotrasportata statunitense) e la conquista dell’aeroporto di Amendola, nei pressi di Foggia, in quegli anni l’aeroporto militare più grande d’Europa. Il primo ottobre 1943, 21 giorni dopo lo sbarco nel golfo di Salerno, gli Alleati entrarono a Napoli, trovando una città che nel frattempo si era liberata da sola per insurrezione popolare, costringendo i tedeschi alla ritirata. Sminato il porto e messa in sicurezza l’area del golfo del capoluogo campano, l’avanzata degli Alleati proseguì verso nord; a metà novembre i due schieramenti si ritrovarono di fronte sui versanti opposti della linea Gustav, dando vita a settimane consecutive di cruente battaglie che non portarono a nessun risultato significativo. Per accelerare l’avanzata verso Roma e oltrepassare la linea Gustav, gli anglo-americani furono costretti a escogitare un’alternativa. La soluzione fu un terzo sbarco, inizialmente non previsto, che prese il nome di Operation Shingle con D-Day il 22 gennaio 1944.
di Luca Tamberlani