Riconoscere la mafia, comprendere le sue logiche, scriverne, mentre ci sono “quelli” che si voltano dall’altra parte: questo è stato il filo conduttore della presentazione del libro “Giornalisti in terre di mafia” organizzata per lo scorso venerdì 12 ottobre all’Hotel lido Garda di Anzio. L’autore Attilio Bolzoni (che cura tra l’altro il blog “Mafie” http://mafie.blogautore.repubblica.it/), sollecitato dagli interventi di Enrico Bellavia anche lui giornalista di “La Repubblica” e grande conoscitore della mafia e scrittore su questo tema, che tra aneddoti e descrizioni puntuali di fatti e avvenimenti hanno arricchito la serata.
Un lungo dialogo che dalla terra di Sicilia ci ha portato in giro per l’Italia proprio perché nessun luogo si può definire ‘libero’ dalla mafia. E in una sintesi molto forzata “se è semplice scrivere di un fatto eclatante come quello di Ostia con la testata di Spada al cronista, dove tutto è alla luce del sole, più complesso scrivere delle mafie che si presentano ‘fresche e profumate’. Quelle non percepite immediatamente come tali, quelle ancora ‘incensurate’ e che magari godono anche di alte protezioni nella politica e nell’imprenditoria”.
La situazione peggiore ha incalzato Enrico Bellavia è quando non si vuole vedere che la mafia c’è, che poi è l’atteggiamento in Sicilia quando la mafia è nata. Questo atteggiamento permette alla mafia di insinuarsi all’interno del tessuto sociale ed economico in modo indolore ma efficace.
La conclusione di Attilio Bolzoni è che la mafia sta cambiando, ma sta tornando alle origini quando per tenere sotto controllo il territorio non aveva bisogno di attentati e fatti eclatanti. E che le battaglie vinte, non è stato lo Stato a vincerle ma pezzi dello Stato che si sono impegnati in una guerra a livello personale contro la mafia e che spesso – troppo spesso – si sono ritrovati soli e per questo uccisi dai sicari della mafia.
Al termine del vivace dialogo tra i due giornalisti Attilio Bolzoni e Enrico Bellavia le conclusioni della dr.ssa Lidia Borzi presidente delle Acli di Roma. Che ha sottolineato che questo evento fa parte dell’ “Ottobrata Solidale” , che giunta alla sua quarta edizioni è un contenitore di eventi costruttivi e solidali su tutto il territorio della Città Metropolitano di Roma Capitale, come le “Nonniadi”, il “Presidio solidale a Corviale”, “Il corso antitruffa” e tanti altri ancora.
Lidia Borzì ha tra l’altro sottolineato che certamente fa bene parlare ma poi le parole vanno fatte seguire dai fatti, e qui un lungo elenco di attività del Sistema Acli di Roma tra cui “Il pane a chi serve 2.0” che ha ricevuto il premio “Buone notizie del 2018” del Corriere della sera.
L’incontro è stato preceduto da un introduzione di Maurizio Lo Piparo del Circolo di Anzio che ha fatto una breve storia delle Acli e di come in poco tempo dalla loro nascita il 1944 si sono diffuse su tutto il territorio: un circolo in quasi ogni comune italiano. Immediatamente il Circolo Acli di Anzio è stato da volano, insieme alle istituzioni locali, per la ricostruzione di una cittadina distrutta dallo sbarco alleato. E aprendo l’ istituto Enaip – uno degli enti di formazioni più diffusi in Italia – ha dato delle opportunità a tanti giovani di allora, probabilmente oggi pensionati, nella realizzazione del loro avvenire.
Ma le Acli fin dalla loro fondazione hanno avuto larga presenza anche nei paesi dove i nostri lavoratori sono stati costretti ad emigrare per sfuggire alla disoccupazione, alla fame e alla disperazione: Francia, Svizzera, Germania, Belgio per l’Europa e Brasile e Argentina nell’America del Sud, tanto per citarne alcuni.
Al termine dell’introduzione è stato anche precisato che uno dei compiti principali di un aclista è quello di essere sentinella e antenna pronto a recepire i bisogni e i cambiamenti di chi ci sta attorno. E proprio in queste motivazioni che è scaturita l’idea di portare ad Anzio due “esperti” con la E maiuscola che da sempre si occupano di questo terribile male che è la mafia, e di cui si parla a fondo in questo libro.
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