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Autista di Anzio morì su un camion ‘modificato’, datore di lavoro a giudizio

Sembrava una “semplice” fuoriuscita autonoma, si pensava al “solito” colpo di sonno o a un malore, anche se i familiari della vittima,

Sembrava una “semplice” fuoriuscita autonoma, si pensava al “solito” colpo di sonno o a un malore, anche se i familiari della vittima, l’appena quarantenne Domenico Di Liscia, di Anzio, da subito non riuscivano a capacitarsi di quell’incidente: il loro caro era sempre stato attento e scrupoloso al volante, nel lavoro che svolgeva da una vita, quello di autotrasportatore. 

E invece, al termine delleindagini preliminari del procedimento penaleaperto dopo il fatto, la Procura di Grosseto ha portato alla luce un’altra, sconcertante verità su quel tragico sinistro successo il 27 aprile 2017, nel territorio di Orbetello: l’incidente è legato alla totale inidoneità ai fini della sicurezza del mezzo pesante, vecchio di vent’anni e non sottoposto ai periodici controlli previsti e, soprattutto, il decesso di Di Liscia è stato dovuto a un serbatoio aggiuntivo di fatto abusivo. Verità che conferma tutte le perplessità della mamma e dei fratelli del quarantenne, i quali, per essere assistiti, attraverso il consulente personale Angelo Novelli, si sono affidati a Studio 3A, società specializzata a livello nazionale nella valutazione delle responsabilità in ogni tipologia di sinistro, a tutela dei diritti dei cittadini.

Quella sera, poco dopo le 22, Di Liscia, che lavorava per conto di un’impresa di trasporti di Aprilia, procedeva sull’Aurelia, in direzione Grosseto-Roma, con un autoarticolato Scania carico di bottiglie d’acqua, quando, all’altezza del km 148+900, presso Albinia di Orbetello, ha improvvisamente perso il controllo del mezzo pesante che è andato a sbattere contro il guardrail, si è ribaltato, finendo di traverso alla strada, ed ha preso fuoco: in pochi secondi anche la cabina è stata avvolta dalle fiammee per il conducente non c’è stato scampo, è morto carbonizzato. Una fine orribile. Ai primi soccorritori, i vigili del fuoco e i carabinieri di Albinia, si è presentata una scena straziante.

La Procura di Grosseto, competente per territorio, ha aperto un fascicolo tramite il Pubblico Ministero Arianna Ciavattini, che ha condotto le indagini con scrupolo: ha chiesto e acquisito, tra gli altri, il rapporto dei Carabinieri, il disco cronotachigrafico del veicolo, l’informativa della polizia municipale di Orbetello con allegata la denuncia di infortunio sul lavoro, l’informativa dell’ufficio Prevenzione Igiene e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro (Pisll) con le risposte ai quesiti posti alla Motorizzazione Civile e al Pra di Grosseto. E, soprattutto, ha disposto sia l’esame autoptico sulla salma per stabilire la causa del decesso, incaricando come proprio consulente medico legale il dottor Matteo Benvenuti, sia la perizia cinematica per chiarire dinamica e cause del sinistro, affidata all’ingegner Silvio Magni, che ha esaminato anche l’autoarticolato. Ed è qui che sono emerse le gravi violazioniche hanno portato il Sostituto Procuratore a chiedere, con atto del 4 luglio scorso, il rinvio a giudizio del datore di lavoro della vittima, R. P., 23 anni, di Aprilia, peraltro già noto alle forze dell’ordine, nonostante la giovane età, essendo finito al centro di altre complesse inchieste della Procura.

Il giovane imprenditore è accusato del reato di omicidio stradale, perché “per colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia, nonché nella violazione delle disposizioni normative in rubrica(si veda l’art. 78 del Codice della Strada, “Modifiche delle caratteristiche costruttive dei veicoli in circolazione”, ndr), ha messo a disposizione per l’espletamento dell’attività lavorativa del dipendente Domenico Di Liscia un autoarticolato, immatricolato nel 1997, non idoneo ai fini della sicurezza del lavoratore”. La dottoressa Ciavattini imputa al titolare della ditta “di aver omesso di sottoporre il veicolo a motore e il rimorchio a visita e prova (ovvero al collaudo) presso i competenti uffici della Direzione Generale della Motorizzazione Civile”, e “di non aver provveduto ad aggiornare la carta di circolazione del veicolo a fronte dell’installazione di un serbatoio supplementare di 600 litri collocato sulla destra del trattore”.

Una modifica “fuori legge” risultata determinante nella tragedia perché, conclude il Pm, “all’atto dello scontro dell’autoarticolato con la barriera stradale in new jersey, e del successivo ribaltamento del mezzo su se stesso, per effetto del corto circuito determinato dal danneggiamento dei cavi dell’impianto elettrico a servizio del trattore, si generava un violento innalzamento della temperatura che costituì punto d’innesco di un forte e subitaneo incendio, provocato dalla dispersione del gasolio fuoriuscito per effetto della rottura proprio del predetto serbatoio di destra. Incendio che avvolse in pochi istanti l’abitacolo, determinando la morte per shock termico di Di Liscia che era alla guida del veicolo”, e che quindi, se la cabina non fosse andata a fuoco, si sarebbe salvato.

In relazione alla richiesta del Sostituto Procuratore, il giudice, dottor Marco Mezzaluna, con provvedimento del 26 settembre 2018, ha dunque fissatol’udienza preliminare per il 15 novembre, alle 9.30, in Tribunale a Grosseto: la mamma e i fratelli di Domenico Di Liscia, e Studio 3A che li assiste, si aspettano giustizia e una pena esemplare, non solo per la vittima ma anche per i tanti, troppi lavoratori che non vengono messi in condizione di svolgere il proprio lavoro in sicurezza, non ultima la categoria degli autotrasportatori costretti spesso a macinare migliaia di chilometri con mezzi e ritmi che rappresentano un pericolo costante, per loro e per gli altri.