E’ il Sito Vatican News a riportare, nel ventennale della scomparsa del giovanissimo talento musicale, un commosso ricordo di Chris Cappell, con un articolo dal titolo: “Una musica che da’ corpo ai nostri sentimenti”. Lo riproponiamo integralmente in memoria del giovane a cui è dedicato il Liceo più bello di Anzio. In coda il video della celebrazione.
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Le parole delle canzoni o gli scritti del diari di Christian Cappelluti “hanno l’incommensurabile capacità di dare un corpo ed una voce a sentimenti che forse abbiamo dentro tutti, ma dei quali spesso e volentieri non ci fidiamo”. Il gesuita padre Antonio Spadaro, direttore de “ La Civiltà Cattolica”, cerca di spiegare così, nell’omelia della messa in suffragio per l’anima di Christian, morto a soli 23 anni il 9 agosto 1998, perché le canzoni di questo promettente musicista hanno un impatto emozionale così forte su persone che non l’hanno mai conosciuto, e chi le ascolta o legge i suoi testi si sente così coinvolto e “interpretato” dalle sue parole.
Da vent’anni la messa al Massimo, in ricordo di Christian
Da vent’anni mamma Adriana e papà Franco si ritrovano con chi ha conosciuto Christian, in arte Chris Cappell, in vita o con chi lo ha fatto grazie alla sua musica, all’inizio dell’anno scolastico, nella cappella dell’Istituto Massimo, all’ Eur, dove il figlio ha studiato fino alla maturità scientifica. A celebrare la messa è sempre padre Spadaro, che ha conosciuto Chris al Massimo, da giovane professore, anche se non lo ha mai avuto come allievo.Sui testi delle sue canzoni ha pubblicato il libro “Lasciami correre via”, da “Let me run away”, singolo di punta dell’album (Chris scriveva solo in inglese) che Cappell stava per produrre negli Usa, prima di morire in Scozia, per una rara forma di intolleranza alimentare, mentre era in vacanza con la fidanzata Antonella.
Le ragioni della sintonia tra i testi di Chris e chi li ascolta
Nella celebrazione per il ventennale della scomparsa di Chris, protagonisti sono anche i canti Gospel della corale “New Melody”, organizzati da Gabriele Giorgi, ex compagno delle elementari del giovane romano. Nell’omelia, padre Spadaro offre tre possibili spiegazioni della sintonia che si crea tra l’opera di Chris e chi l’ascolta o la legge (anche sul sito www.chriscappell.com), tutte legate a quello che è un “cammino verso una zona interiore, di disperazione e di vita, di abbandono e di attesa, che è il territorio della memoria, del desiderio, del ‘ritorno’ a se stessi”.
Fanno conoscere ciò che della vita conta
Per prima cosa, spiega il gesuita, chi ascolta o legge Christian “non può restare estraneo al corpo a corpo con se stesso che l’autore esprime con la sua scrittura musicale”, che fa conoscere la vita e ciò “che della vita conta”. Perché i suoi testi sono un’interpretazione del reale “frutto di una risonanza interiore”.
Ci si sente “interpretati” dalle sue parole
Ai tanti amici, ex compagni di studi di Chris, professori ed ex alunni del Massimo, e compagni del percorso dei genitori, che hanno creato la Fondazione Christian Cappelluti onlus e costruito a proprie spese, per ricordare il figlio, il liceo musicale Chris Cappell College di Anzio, padre Spadaro ricorda che il giovane cantautore a 19 anni scriveva “considero le mie canzoni la cosa più preziosa che io abbia”. “Ogni canzone coglie i miei sentimenti, le mie malinconie, le mie speranze, i miei sogni… ogni canzone è parte di me”. Quindi, ed è la seconda risposta di padre Spadaro, “nella vita che Christian canta è insita una profonda verità emozionale. Dalle sue note e dalle sue parole ci si sente ‘compresi’ e interpretati”.
La ricerca interiore del senso della vita
Infine, nella musica di Chris “tutto si muove: verso il basso o verso l’alto. Tutto vive di tensioni e nulla è veramente oggetto inerte”. Tensioni verso il basso, quando si precipita nel buio, o verso l’alto, quando si vola o si contempla il sole o le stelle. “La salita è ascesa o ascesi”, chiarisce Spadaro nell’omelia, perché non esistono “tappeti volanti o scale mobili”, la vita è una lotta, per Christian, che vive “una tensione spirituale”. Quindi, conclude, “il richiamo ad una dimensione interiore” non è caratterizzato “dalla quiete e dall’idealità del sogno, ma anche da un confronto duro con la ricerca del senso della vita” e “della volontà di spezzare le catene che impediscano il cammino di ricerca di una luce autentica”.
“Devi tirar fuori la luce”
“Se prendi una strada devi tirar fuori la luce – canta Chris in Devi tirar fuori la luce – devi tirar fuori il meglio, perché la tua vita non sia silenzio”. Padre Spadaro spiega che con queste citazioni cerca di “cogliere nella profondità di un’ispirazione, un seme per l’oggi. In fondo Christian non si è mai accontentato, non ha mai accettato la realtà, specialmente una realtà che fosse molto piatta, priva di significato, e quindi ci spinge a prendere il mano la nostra esistenza e ad interrogarci per un futuro migliore”.
Padre Spadaro: ragazzo normale, genio della musica
“Quello che ricordo di Christian, avendolo conosciuto all’Istituto Massimo – racconta in quest’intervista il direttore de “la Civiltà Cattolica”, padre Antonio Spadaro – è il fatto che lui fosse un ragazzo assolutamente normale, come gli altri, però, certamente viveva una sua genialità, legata alla sua capacità espressiva, in termini musicali. Quindi per lui la musica era un modo per comprendere se stesso, per esprimere se stesso. Quindi la sua genialità era normale, a suo modo: quella di un ragazzo che però era in grado di trovare il modo per esprimere se stesso.
Anche per chi l’ha conosciuto solo adesso attraverso i suoi scritti e le sue canzoni, Chris esprime una forza e una voglia di vivere inesauribile. Da dove veniva questa forza?
R. – Christian aveva una grande voglia di vivere perché aveva anche una grande voglia di esprimersi. Aveva una profonda vita interiore. La musica nasceva proprio da questa interiorità. In fondo lui viveva una sorta di corpo a corpo con il senso della vita. E l’energia probabilmente gli veniva da questo e a volte si esprimeva anche, poi negli anni successivi dell’università, nel cercare dei tempi tranquilli, a volte la mattina molto presto, alle 4-5 del mattino, per avere un tempo di silenzio.
La sua storia e il suo modo di vivere la vita possono ispirare oggi i giovani “dello smartphone” che in fondo chiedono e cercano una vita autentica?
R. – Christian era una persona molto autentica. Voleva raggiungere un livello di autenticità che gli permettesse di vivere bene. Era molto attento alle nuove tecnologie, parliamo ovviamente di vent’anni fa, e le vedeva non come gadget, ma come degli strumenti capaci di renderlo abile ad esprimersi, quindi a proseguire la sua ricerca interiore. Questo coniugare sempre tecnologia, novità, studio e comprensione delle cose nuove, con una dimensione di profondità e di interiorità mi ha sempre molto colpito.
Questa messa è un incontro di persone che pregano insieme e rinsaldano i vincoli che lui ha creato. Anche questo è un frutto di una vita intensa?
R.- Christian ha costruito una rete di relazioni, di amicizie, ha in qualche modo dato nuova vita ai suoi genitori, che hanno imparato a costruire cose belle a suo nome. Allora la messa che celebriamo da 20 anni, dalla sua scomparsa, è una messa che mette insieme persone che sono diventate amiche tra di loro grazie a Christian stesso, e questo è un frutto molto bello della sua vita.