E’ stata ancora una volta rinviata la decisione del giudice sulle sei richieste di giudizio per la morte di due operai all’interno dell’impianto di compostaggio Kyklos che si trova al confine tra Aprilia e Nettuno. Il caso, al vaglio del giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Latina, Mara Mattioli, verrà nuovamente affrontato in aula il prossimo 11 settembre.
A chiedere un processo per gli imputati, ritenuti responsabili del dramma consumatosi quattro anni fa nell’azienda apriliana ora gestita da Acea, è stato il pubblico ministero Luigia Spinelli.
I due lavoratori, Fabio Lisei e Roberto Papini, di 44 e 42 anni, persero la vita avvelenati dalle esalazioni di acido solfidrico, mentre aspiravano quello che doveva essere innocuo percolato da smaltire in discarica. Per gli inquirenti un omicidio colposo. Una tragedia con tante responsabilità. Alla luce anche di alcune consulenze e di alcune intercettazioni telefoniche, battendo su una serie di violazioni alle norme sulla sicurezza del lavoro, il pubblico ministero ha quindi caldeggiato un processo per l’allora amministratore della Kyklos, ex direttore generale Ama e dirigente Acea, Alessandro Filippi, i dirigenti Kyklos Sebastiano Reveglia e Fabrizio Martinelli, i titolari delle due ditte per cui lavoravano le vittime, Davide e Danilo Mira, di Orvieto, e il rappresentante della Eco 2000 di Perugia, Andrea Pula, che aveva subappaltato alla Mira. A settembre previste le ultime arringhe delle difese e la decisione del giudice Mattioli.
Dopo l’incidente, lo ricordiamo, l’impianto fu chiuso per circa due anni dando modo anche ai residenti, asfissiati dalla puzza che si respirava in zona sempre a causa del mancato rispetto delle normative per lo smistamento e lo stoccaggio dei rifiuti. Mentre la giustizia per la morte dei due operai procede a rilento l’area era riuscita ad ottenere il riavvio dell’impianto, annunciando lavori di messa a norma mai realizzati. Solo le proteste costanti dei residenti, nuovamente ammorbati dalla puzza che si diffondeva per chilometri, sono riuscite a far chiudere nuovamente la struttura che ancora oggi non è a norma.