Home Cronaca Processo Appia, confermate le condanne per i ‘boss’ di Anzio e Nettuno

Processo Appia, confermate le condanne per i ‘boss’ di Anzio e Nettuno

La Corte d'Appello di Roma ha ribadito quanto già sostenuto dal Tribunale di Velletri cinque anni fa: nei comuni di Anzio e di Nettuno dal 1998 al 2004 operava un'associazione per delinquere di stampo mafioso

La Corte d’Appello di Roma ha ribadito quanto già sostenuto dal Tribunale di Velletri cinque anni fa: nei comuni di Anzio e di Nettuno dal 1998 al 2004 operava un’associazione per delinquere di stampo mafioso impegnata principalmente nel narcotraffico. Il Tribunale, ha confermato e in alcuni casi inasprito le condanne per i 17 imputati nel processo denominato “Appia”, condannati a un totale di circa duecento anni di reclusione.

Un procedimento scaturito dalle indagini portate avanti dai carabinieri del Ros. La Direzione distrettuale antimafia di Roma si convinse ben presto che la struttura oggetto degli accertamenti avesse le caratteristiche del 416 bis, che si arricchisse soprattutto con la cocaina, estendendo il suo raggio d’azione fino a Roma, che fosse in grado di condizionare il consiglio comunale di Nettuno, all’epoca retto da una giunta di centrodestra, e che nei due centri balneari fosse stata creata una sorta di ‘ndrangheta locale, struttura composta da più ‘ndrine federate. Nel 2004 venne compiuta così quella che gli investigatori chiamano una retata e l’anno dopo il consiglio comunale del tridente venne sciolto per mafia, restando sinora l’unico Comune del Lazio commissariato a causa delle infiltrazioni delle cosche, visto che Ostia è un Municipio.
Le tesi degli inquirenti sono state poi rafforzate dall’inchiesta “Infinito”, portata avanti dall’Antimafia di Milano, dalle inchieste della Dda di Reggio Calabria, e confermati da un pentito del calibro di Antonino Belnome. Le cosche di Guardavalle, centro calabrese della zona ionica, avrebbero creato un proprio ingombrante avamposto nel Lazio, tra Anzio e Nettuno appunto, e da lì avrebbero fatto il salto in Lombardia. Affari condotti dalle famiglie Gallace e Novella, prima che le stesse entrassero in contrasto e il boss Carmelo Novella venisse ucciso a San Vittore Olona, un omicidio costato l’ergastolo al boss Vincenzo Gallace. Il processo si è trascinato a lungo nelle aule di giustizia. Poi, nel 2013, sono arrivate da parte del Tribunale di Velletri le condanne per mafia, ora confermate e aumentate dalla Corte d’Appello di Roma. Tutte oscillanti tra i 23 e i 15 anni di reclusione. “Attendiamo di leggere le motivazioni della sentenza e poi presenteremo ricorso in Cassazione” ha commentato l’avvocato Giovanni Tedesco, che insieme al prof. Aricò e al prof. Gaito difende i principali imputati. Ma prima che arrivi una sentenza definitiva, sul fronte mafia tra Anzio e Nettuno potrebbe arrivare un ulteriore colpo dal Tribunale di Velletri. Il  processo scaturito dal secondo filone d’inchiesta, denominato “Mithos”, è infatti alle battute finali e i giudici potrebbero esprimersi già il mese prossimo.