Home Politica Foibe, Alicandri: “Dramma italiano, il Campo della Memoria non c’entra nulla”

Foibe, Alicandri: “Dramma italiano, il Campo della Memoria non c’entra nulla”

"Prima di affrontare la questione, credo sarebbe utile rammentare un po' a tutti cosa sono state le foibe, chi hanno coinvolto e il clima politico che nel dopoguerra ha interessato il ricordo di questa triste pagina

Roberto Alicandri

“Prima di affrontare la questione, credo sarebbe utile rammentare un po’ a tutti cosa sono state le foibe, chi hanno coinvolto e il clima politico che nel dopoguerra ha interessato il ricordo di questa triste pagina che ha colpito una parte della popolazione italiana”. Lo scrive in una nota stampa l’ex consigliere comunale di Nettuno Roberto Alicandri, che prende posizione sull’assenza dell’Amministrazione comunale alle cerimonie organizzate al Campo della Memoria.

“Le foibe – spiega Alicandri – sono cavità carsiche di origine naturale con un ingresso a strapiombo. È in quelle voragini dell’Istria che fra il 1943 e il 1947 sono stati gettati, vivi e morti, quasi diecimila italiani. La prima ondata di violenza esplode subito dopo la firma dell’armistizio del 8 settembre 1943: in Istria e in Dalmazia i partigiani slavi si vendicano contro i fascisti e gli italiani non comunisti. Torturano, massacrano, affamano e poi gettano nelle foibe circa un migliaio di persone. Li considerano “nemici del popolo”. Ma la violenza aumenta nella primavera del 1945, quando la Jugoslavia occupa Trieste, Gorizia e l’Istria. Le truppe del Maresciallo Tito si scatenano contro gli italiani. A cadere dentro le foibe ci sono fascisti, cattolici, liberaldemocratici, socialisti, repubblicani, azionisti, uomini di chiesa, donne, anziani e bambini e quei comunisti che anteporranno l’essere italiani alla propria fede politica. Lo racconta Graziano Udovisi, l’unica vittima del terrore “titino” che riuscì ad uscire da una foiba. È una carneficina che testimonia l’odio politico-ideologico e la pulizia etnica voluta da Tito per eliminare dalla futura Jugoslavia i non comunisti. La persecuzione prosegue fino alla primavera del 1947, fino a quando, cioè, viene fissato il confine fra l’Italia e la Jugoslavia. Ma il dramma degli istriani e dei dalmati non finisce.

Nel febbraio del 1947 l’Italia ratifica il trattato di pace che pone fine alla Seconda guerra mondiale: l’Istria e la Dalmazia vengono cedute alla Jugoslavia. Trecentocinquantamila persone si trasformano in esuli. Scappano dal terrore, non hanno nulla, sono bocche da sfamare che non trovano in Italia una grande accoglienza. La sinistra italiana li ignora: non suscita in loro solidarietà chi sta fuggendo dalla Jugoslavia, da un paese comunista alleato dell’URSS, in cui si è realizzato il sogno del socialismo reale. La vicinanza ideologica con Tito è, del resto, la ragione per cui il PCI non affronta il dramma, appena concluso, degli infoibati. Ma non è solo il PCI a lasciar cadere l’argomento nel disinteresse. La stessa classe dirigente democristiana considera i profughi dalmati “cittadini di serie B”, e non approfondisce la tragedia delle foibe per non fare i conti con il proprio elettorato. I neofascisti, da parte loro, non si mostrano particolarmente propensi a raccontare cosa avvenne alla fine della seconda guerra mondiale nei territori istriani e cercheranno di coprire quanto accaduto. Fra il 1943 e il 1945 infatti quelle terre sono state sotto l’occupazione nazista, in pratica sono state annesse al Reich tedesco e sono stato teatro di violenza inaudita commessa dai nazisti e dai fascisti contro la popolazione civile che non si schierava dalla loro parte.

Per quasi cinquant’anni il silenzio della storiografia e della classe politica avvolge la vicenda degli italiani uccisi nelle foibe istriane. È una ferita ancora aperta perché, è stata ignorata per molto tempo. Il 10 febbraio del 2005 il Parlamento italiano ha finalmente squarciato queste tenebre dedicando la giornata del ricordo ai morti nelle foibe. Inizia da quel momento l’elaborazione di una delle pagine più angoscianti della nostra storia. Al termine di questo breve excursus storico per contestualizzare di cosa si sta parlando, non posso che chiedermi quindi cosa c’entra il giusto ricordo delle foibe con il Campo della memoria che dovrebbe ricordare, a torto come penso io, o a ragione come pensa qualche fascista della prima o dell’ultima ora, i caduti della Repubblica sociale. Questo voler a tutti i costi politicizzare dei martiri delle oscenità della guerra è un ulteriore schiaffo a chi era reo semplicemente di essere italiano in un territorio che era stato perduto. Quindi bene ha fatto il comune di Nettuno ad essere assente, a mio modo di vedere assolutamente giustificato a questa forzatura ed anzi sarebbe da chiedersi in che modo la città di Anzio pensa di aver omaggiato i caduti delle foibe dandogli la patente, a mio modo di vedere, assolutamente ignominiosa di fascisti”.