Home Notizie Anzio 80° dello Sbarco, il Generale Lucas e…quella tentazione del “capro espiatorio”

80° dello Sbarco, il Generale Lucas e…quella tentazione del “capro espiatorio”

L’ex commissario prefettizio di Nettuno Bruno Strati, che durante il suo mandato ci ha regalato discorsi e interventi sulla storia del territorio di Nettuno approfonditi e brillanti, e che ha realizzato con lo storico Silvano Casaldi un volume sulla storia recente della nostra città, in vista delle prossime celebrazioni per l’80° anniversario dello Sbarco, ci propone un approfondimento storico di grande rilievo, che vi proponiamo integralmente, sulla storia del Generale Lucas che ha fatto la storia del Litorale e della II Guerra Mondiale.
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di Bruno Strati
“Ad 80 anni sbarco alleato di Anzio/Nettuno avvenuto alle prime ore del 22 gennaio 1944 la figura del maggiore generale statunitense John Porter Lucas, comandante del VI Corpo d’Armata, incaricato dell’operazione “Shingle“ che venne rimosso dopo appena un mese, resta ancora un argomento di discussione storica che appassiona gli studiosi e non solo.
Come è noto, la storiografia ha criticato l’atteggiamento troppo prudente di Lucas che non avrebbe saputo sfruttare l’effetto sorpresa dello sbarco per puntare diritto verso Roma e liberare la città dai nazifascisti.
Il generale decise, infatti, di aspettare fino a quando tutte le sue truppe di terra fossero sbarcate e la testa di ponte completamente messa al sicuro. Solo il 30 gennaio 1944, ben otto giorni dopo lo sbarco, Lucas diede l’ordine alle truppe britanniche e americane di avanzare su Cisterna di Latina e Campoleone. Ma ormai era troppo tardi: le truppe tedesche agli ordini del Feldmaresciallo Albert Kesselring ripiegarono verso la testa di ponte e con otto divisioni circondarono l’intera area di sbarco. La fase di stallo e le perdite massicce sul fronte alleato segnarono la sfiducia, sia dei suoi superiori che delle truppe, sul generale Lucas che dovette il 22 febbraio cedere il comando al suo vice Lucian Truscott.
Lucas, che in precedenza era stato assistente del generale Eisenhower, venne scelto per la sua esperienza in operazioni anfibie ma non godette mai della considerazione dei vertici americani e soprattutto di quelli politici (Churchill) e militari (generale Alexander) britannici. La sua sfortuna fu quella di avere dei capi che non gli diedero disposizioni chiare; il generale statunitense Clark ordinò a Lucas di “occupare e consolidare una testa di ponte” e quindi avanzare verso i Colli Albani, senza però chiarire cosa significasse “avanzare”? Andare verso i Colli Albani o raggiungerli? E quando? Appena consolidata la linea? Qualche giorno dopo lo sbarco? Quando sarebbero arrivati tutti gli armamenti, anche quelli pesanti?
Dopo la sua sostituzione, Lucas venne nominato vice comandante della Quinta Armata (promoveatur ut amoveatur) e fu rimandato a casa. Morì esausto e deluso nel 1949 all’età di 59 anni e fino alla fine della sua vita credette di essere stato “tradito” dai suoi superiori. Il suo diario è pieno di autogiustificazioni e offre un commento amaro sulla battaglia e sulla sua percezione della perfidia di coloro che gli ordinavano l’impossibile.
L’analisi storica dello sbarco non può prescindere dal fatto che durante la pianificazione fossero emersi due approcci distinti rispetto a quello che era l’obiettivo finale dell’operazione.
Per i britannici, l’operazione di Anzio e Nettuno doveva costituire il principale obiettivo strategico. Alexander credeva che la presa dei Colli Albani fosse essenziale per tagliare le linee di comunicazione alla linea Gustav e costringere la ritirata tedesca.
L’opinione statunitense, invece, era che l’obiettivo principale dovesse essere lo sfondamento della Linea Gustav, ancorata alla città di Cassino. Lo sbarco, quindi, sarebbe servito per allontanare le forze nemiche dal fronte principale, aumentando le possibilità di sfondamento e successivo collegamento. La pressione politica, soprattutto da parte britannica, soffocò ogni tentativo di conciliare le due opinioni.
Quando si verificò la sanguinosa situazione di stallo, Lucas fu intrappolato tra la frustrazione di Alexander e l’indecisione di Clark e alla fine divenne vittima delle aspettative e delle ambizioni contrastanti di entrambi i suoi superiori.
Peraltro, Alexander e Lucas furono presenti il giorno dello sbarco e si erano resi conto anche loro della inesistente resistenza tedesca, eppure non sollecitarono Lucas ad andare avanti e proseguire verso i Colli Albani e Roma. Evidentemente concordavano con il comandante del VI Corpo d’Armata sulla linea adottata.
Sembra evidente che nel momento in cui l’operazione Shingle andava bene, i due generali stimassero l’operato di Lucas, quando le cose cominciarono ad andare male, lo scaricarono.
Del resto, Lucas, se fosse stato sin da subito più aggressivo, avrebbe tutt’al più potuto conquistare alcuni importanti obiettivi lungo il percorso verso i Colli Albani, come Cisterna e Albano, aumentando la minaccia per le retrovie tedesche, ma avrebbe poi dovuto difendere quei territori senza avere mezzi e uomini adeguati. Figuriamoci se avesse dovuto raggiungere i Colli Albani e Roma!
L’obiettivo dello sbarco non fu, almeno originariamente, quello della liberazione di Roma.
A chi è imputabile allora la responsabilità di quanto successe nell’operazione Shingle? Non c’è dubbio; dei livelli superiori al comandante in campo, e dunque di Clark e di Alexander, che diedero ordini non chiari, sostanzialmente impossibili, e che, malgrado la lealtà di Lucas, gli scaricarono la “colpa”, coinvolgendolo in una delle battaglie più sanguinose della seconda guerra mondiale, facendone un agnello sacrificale, il capro espiatorio della temporanea disfatta”.