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Le mani della Camorra e della ‘Ndrangheta sui fondi del Pnrr: la guardia è alta

I fondi del Pnrr sono minacciati da interessi criminali, in particolare da quelli di Camorra e ‘Ndrangheta. L’allarme arriva dalla relazione semestrale della Dia, che evidenzia come “l’impegno sul piano della prevenzione antimafia è volto a evitare che i clan attingano ai fondi” del piano nazionale di ripresa e resilienza.
Come evidenziato dal vicecapo della polizia Vittorio Rizzi, che sovrintende l’organismo permanente di monitoraggio e analisi sul rischio di infiltrazione nell’economia da parte della criminalità organizzata di tipo mafioso, “l’obiettivo è di anticipare la minaccia” e si può realizzare anche in ambito di cooperazione internazionale sfruttando “i dati di intelligence che precedono l’avvio delle indagini giudiziarie”.
Dunque, la guardia è alta e dopo la pandemia – con la crisi di esercenti e imprenditori – il rischio di infiltrazioni è sempre più grande. È stato lo stesso Rizzi a sottolineare infatti i principali indicatori di rischio, richiamando l’attenzione verso il recente incremento delle “variazioni societarie, soprattutto nel settore immobiliare, che sono aumentate del 47%” rilevando che “nella maggior parte dei casi dietro il turn over di amministratori, nel trasferimento di quote o nel cambio di assetti societari si celava l’infiltrazione di organizzazioni mafiose”. D’altronde oltre il traffico e lo spaccio di stupefacenti, le estorsioni e l’usura orientate verso operazioni di riciclaggio sempre più complesse e sofisticate hanno preso sempre più piede. Nel 2022 i carabinieri hanno ricostruito in sistema di riciclaggio con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa e fatture false, queste le accuse, organizzato da nove persone.
Soldi sporchi della Camorra che dovevano essere ripuliti a Roma. L’indagine era partita da una costola dell’operazione del 18 gennaio 2022 quando erano state sgominate due bande di albanesi. Una faida vera e propria tra due gruppi, il primo con a capo da una parte Ermal Arapaj detto ‘Ufo’ e l’altro, quello di Elvis Demce. Stando a quelle indagini, Demce aveva rapporti diretti con i camorristi del clan Mazzarella per i quali avrebbe cercato di recuperare alcuni crediti. I carabinieri nell’occasione avevano ricostruito come venivano ripuliti i soldi dello spaccio.
Anche i gruppi di ‘Ndrangheta hanno messo – e da tempo – i tentacoli su Roma, usando negozi e ristoranti come “lavatrice” del denaro sporco. Erano infatti almeno 24 i locali – stando alle carte dell’operazione Propaggine – in odore di Ndrangheta a Roma. Dai ristoranti e bar del centro a quelli della periferia, fino all’ambizione di mettere piede in Vaticano.
Quello degli Alvaro e dei Carzo e del resto della “Locale” di Ndrangheta per la Capitale è un amore antico, da quanto le consorterie sorte a Sinopoli e Cosoleto sono sbarcate nella capitale per reinvestire il denaro del narcotraffico. Oltre che nella ristorazione, sono stati documentati interessi anche nel comparto dei mercati ittici, della panificazione, della pasticceria, del ritiro delle pelli e del riciclo degli oli esausti.
Camorra e ‘Ndraghenta, a Roma si sono infiltrare bene. Secondo la relazione della direzione distrettuale antimafia, “un importante indicatore dei possibili tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata nei canali dell’economia legale è costituito dal sensibile incremento dei profili di anomalia riscontrati nelle movimentazioni e nelle transazioni finanziarie”.
In linea con questa tendenza, il Lazio nel primo semestre del 2022 ha fatto registrare oltre 600 segnalazioni di operazioni sospette in più rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente. “A eccezione del leggero calo di Rieti, le altre province e, in particolare la città metropolitana di Roma, presentano dati in costante aumento che potrebbero, in alcuni casi, essere riconducibili a operatività finanziarie volte a dissimulare attività di riciclaggio”, si legge.

 

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ilclandestinogiornale