E’ arrivata la chiusura delle indagini della Procura di Roma e ora sono 66 le persone che rischiano il processo legato agli arresti e alle indagini della della Direzione distrettuale Antimafia (Dda) di Roma, sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta nei comuni di Anzio e Nettuno.
L’inchiesta, coordinata dai procuratori aggiunti Michele Prestipino e Ilaria Calò con i pm Giovanni Musarò e Francesco Minisci, aveva portato, lo scorso 17 febbraio, all’arresto eseguito dai carabinieri del nucleo investigativo della capitale di 65 persone accusate a vario titolo di spaccio, estorsione, minacce ma anche di associazione a delinquere di stampo mafioso. Nel mirino anche le due amministrazioni comunali che, grazie a questa indagine sono state raggiunte da due commissioni di accesso che hanno lavorato per sei mesi e da cui a breve si attende una decisione sul futuro delle due Amministrazioni comunali.
Ai vertici dei due distinti gruppi criminali, distaccamenti delle ‘ndrine di Santa Cristina d’Aspromonte in provincia di Reggio Calabria e di Guardavalle in provincia di Catanzaro, c’erano secondo le ricostruzioni degli investigatori, Giacomo Madaffari, Bruno Gallace e Davide Perronace.
In base a quanto emerso dalle indagini, i clan puntavano a lavorare sul litorale romano e per rafforzare il proprio potere sfruttavano la capacità di importare grandi quantitativi di cocaina da Colombia e Panama, per poi infiltrarsi nelle amministrazioni locali attraverso la gestione e il controllo di attività economiche nei più svariati settori, da quello ittico alla gestione e smaltimento dei rifiuti. Una ricostruzione figlia degli accertamenti che hanno consentito di ricostruire l’importazione di 258 chili di cocaina avvenuta nella primavera 2018, tramite un narcotrafficante colombiano, disciolta nel carbone e poi estratta all’interno di un laboratorio allestito a sud della Capitale. Che il fenomeno dello spaccio sia diffusissimo sul litorale, non è certamente un mistero.
La ‘ndrina aveva anche in progetto di acquistare e importare proprio da Panama circa 500 chili di cocaina nascosti a bordo di un veliero che in origine veniva utilizzato per regate transoceaniche. L’operazione però saltò quando gli arrestati vennero a conoscenza delle indagini proprio nei loro confronti. Ora, con l’avviso di conclusione delle indagini, in 66 rischiano di finire a processo.