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Ex consigliere di Anzio condannato a 8 anni, confiscati 1,5 milioni di euro

La Guardia di Finanza di Nettuno

E’ stato condannato a otto anni di reclusione in primo grado di giudizio A.G. imprenditore del settore rifiuti ed ex consigliere comunale di Anzio, coinvolto in un’inchiesta per bancarotta.
Il processo, in corso presso il Tribunale di Latina, riguarda un’indagine condotta dalla Guardia di Finanza di Nettuno che riguarda la cessione del ramo d’azienda di una società con sede ad Aprilia, al solo scopo di salvare le concessioni ottenute per poi invece far fallire la società soverchiata dai debiti. Le ipotesi di reato avanzate erano quelle di bancarotta fraudolenta (documentale e patrimoniale), calunnia, occultamento o distruzione di libri contabili e sottrazione fraudolenta di beni al pagamento di imposte attraverso la pianificazione e l’attuazione di operazioni societarie strumentali al conseguimento di finalità illecite.
L’ex politico di Anzio, anche editore, è stato condannato ad una pena più alta di quanto richiesto dal Pubblico ministero che aveva indicato sette anni e quattro mesi la condanna richiesta. Disposta anche la confisca relativa ai reati tributari per un importo di 1 milione e 500mila euro. Nella vicenda è coinvolto anche un altro imprenditore che ha interessi anche a Nettuno F.C. che è stato rinviato a giudizio. F.C. infatti ha scelto il rito ordinario e non l’abbrevino e per lui il processo inizierà all’inizio del prossimo anno.
Le indagini che hanno accomunato i due, A.G. e F.C., hanno riguardato la cessione di un ramo d’azienda da parte di una società di capitali nella disponibilità di F.C. in grave stato di dissesto, a favore di una società neocostituita e gestita dall’ex consigliere di Anzio, entrambe operanti nel settore della raccolta e smaltimento dei rifiuti. Secondo la Guardia di Finanza, l’operazione societaria appariva priva di reali ragioni economiche e sarebbe risultata pianificata per celare il tentativo di trasferimento delle autorizzazioni utili alla gestione dei rifiuti di cui la società cedente, essendo in grave stato di decozione, era titolare. Gli inadempimenti fiscali e previdenziali, uniti al depauperamento conseguente alle numerose cessioni fraudolente di beni aziendali, tali da rendere inefficace la riscossione coattiva nei confronti della società gravata da ingenti debiti tributari, ne avrebbero aggravato il dissesto, determinandone lo stato d’insolvenza.