Lo stesso contenzioso, gli stessi ricorsi e lo stesso giorno, ma in due tribunali diversi e con decisioni opposte. La “questione balneare” continua ad essere controversa finché il parlamento non interverrà con un’adeguata riforma. Mercoledì scorso il Tar del Lazio si è pronunciato sul contenzioso tra alcuni concessionari balneari di Nettuno, l’amministrazione comunale e l’Autorità garante della concorrenza, che si era opposta all’estensione dei titoli al 2033. Nelle stesse ore in cui il Tar di Lecce pubblicava l’eclatante ordinanza con cui ha rinviato la decisione alla Corte di giustizia europea, il tribunale amministrativo laziale ha invece ritenuto “non sussistenti i presupposti per la remissione alla Corte Ue delle questioni pregiudiziali”. Secondo il Tar Lazio sulla vicenda si è già espressa adeguatamente l’adunanza plenaria del Consiglio di Stato, che lo scorso novembre ha annullato la proroga al 2033 e imposto allo Stato italiano di riassegnare tutte le concessioni balneari tramite gare pubbliche entro il 2023.
Il Comune di Nettuno, come quello di Ginosa, aveva ricevuto dall’Agcm una diffida a ritirare le estensioni al 2033 poiché ritenute in contrasto col diritto europeo; e anche in questo caso i concessionari balneari si sono opposti alla diffida e l’associazione Sib-Confcommercio è intervenuta ad opponendum chiedendo il rinvio alla Corte di giustizia europea. Il Tar di Lecce ha accolto le tesi dei balneari ma quello del Lazio ha dato loro torto. “La delibera di giunta comunale n. 196 del 14/12/2020 – che ha disposto il prolungamento delle concessioni balneari di Nettuno fino al 2033, NdR – si legge nel documento del Tar – ha applicato la normativa nazionale in tema di proroga automatica delle concessioni che, invece, l’amministrazione avrebbe dovuto disapplicare in quanto contrastante con la disciplina comunitaria”. Il Tar Lazio cita quindi il Consiglio di Stato, ritenendo in conclusione fondata la diffida dell’Antitrust contro la proroga al 2033. “L’adunanza plenaria – sostiene il Tar del Lazio – ha ritenuto che deve essere ribadito il principio secondo cui il diritto dell’Unione, e, in particolare, l’art. 49 TFUE e l’art. 12 della direttiva ‘Servizi’ impone che il rilascio o il rinnovo delle concessioni demaniali marittime avvenga all’esito di una procedura di evidenza pubblica, con conseguente incompatibilità della disciplina nazionale che prevede la proroga automatica ex lege fino al 31 dicembre 2033 delle concessioni in essere. Il dovere di non applicazione della norma nazionale illegittima per violazione del diritto europeo si estende, oltre che agli organi giudiziari, anche a tutte le articolazioni dello Stato membro, compresi gli enti territoriali, gli enti pubblici in generale e i soggetti a essi equiparati, anche in caso di direttiva ‘self executing’, quale è la direttiva Bolkestein”.