“Solo un anno fa la corte dei conti sollecitava il comune a rientrare in possesso dei 517 mila euro dalla Capo d’Anzio. Oggi non solo quei soldi non sono stati recuperati, ma ne impegniamo un altro milione e mezzo, per una società che ha oltre 3 milioni di debiti (IVA, IRAP, INPS-INAIL-EBTL, IMU, canoni demaniali e altri debiti con la Regione Lazio), un valore della produzione al di sotto della soglia del milione di euro nel triennio precedente stabilito dal TUSP (art. 20 c2 lettera d), un capitale sociale al di sotto della soglia di scioglimento ai sensi del codice civile (art. 2484 c1), dei bilanci artificiosamente in attivo, come rilevato dallo stesso collegio sindacale”. Lo scrivono in una nota stampa i delegati di Alternativa per Anzio che fanno capo al consigliere comunale di opposizione Luca Brignone.
“Non ci hanno convinto per nulla gli interventi del professor Monti e dell’ingegner Ievolella – hanno poi aggiunto – i quali al di là dell’ostentata autoreferenzialità e dello scarico di responsabilità al ‘signor 39%’, con il quale le amministrazioni di centro destra firmavano road map e bussiness plan improbabili (mentre noi mettevamo ampiamente in evidenza le manovre speculative che si nascondevano quelle operazioni), non hanno risposto alle domande che abbiamo posto: il piano di investimento presentato non contempla alcuna analisi di rischio e possibili scenari (come se non fossimo nel bel mezzo di una pandemia), nessun piano di rientro. Si è difeso a spada tratta un progetto di porto che sul mercato ha sancito la sua irrealizzabilità già dal 2011 (definendo ‘per legge nullo il progetto diviso per fasi’, quando queste sono state approvate dal ministero per la relativa VIA), sbandierando una pseudo-manifestazione di interesse di un improbabile fondo lussemburghese. Forzate sono state anche le prospettive ‘devastanti per l’economia locale’ con la decadenza della concessione e il fallimento della società, come se istantaneamente il porto dovesse cessare di esistere, quando tutti sappiamo che le procedure fallimentari avvengono dopo un iter e la decadenza della concessione è in capo al comune, il quale potrebbe garantire continuità agli operatori nel tempo necessario a predisporre i bandi di gara, come accade per tutte le altre concessioni demaniali. Il ruolo della politica non è quello di giocare a fare gli imprenditori che rischiano con i soldi dei cittadini un progetto non è buono perché lo hanno fatto degli esperti. Un progetto è buono quando oltre ad essere fatto da esperti risponde alle esigenze di una città e dei suoi abitanti, che da questa discussione sono tagliati totalmente fuori”.