Grazie alla prescrizione Erasmo Cinque, coinvolto nelle tangenti del Mose (la diga realizzata per salvare Venezia dalle maree), sembra sia riuscito ad evitare il carcere, ma non ha evitato il sequestro del suo Patrimonio. Erasmo Cinque si è infatti visto confiscare dalla Finanza beni per nove milioni di euro.
Imputato per corruzione, Cinque era stato condannato a 4 anni di reclusione e in Cassazione ha incassato il proscioglimento a causa della prescrizione. Era il 2014 quando finì indagato insieme all’allora senatore ed ex ministro dell’ambiente e delle infrastrutture Altero Matteoli, poi deceduto in un incidente stradale sull’Aurelia il 18 dicembre 2017.
Secondo la Procura di Venezia, l’ex ministro era parte del sistema di mazzette messo su da Giovanni Mazzacurati, presidente del Consorzio Venezia Nuova, concessionario proprio del Ministero delle infrastrutture per la realizzazione del sistema di paratie necessario a salvare la città dall’acqua alta. Mazzacurati riferì agli inquirenti di aver consegnato più di 400mila euro, provenienti dalla casse del Consorzio, per le campagne elettorali di Matteoli e di aver inserito nell’appalto per i lavori di bonifica dei canali di Porto Marghera l’azienda di Erasmo Cinque, collega di partito dell’ex ministro, su richiesta dello stesso senatore azzurro.
L’imprenditore romano, secondo la Procura di Venezia, aveva così messo le mani su parte degli utili relativi alle commesse senza aver mai compiuto alcun lavoro. La Cassazione ha prosciolto Cinque per prescrizione, ma ha confermato “la confisca – precisano le Fiamme gialle – di quanto ricevuto quale prezzo delle condotte corruttive” commesse in concorso con l’ex ministro. La confisca riguarda un patrimonio immobiliare composto da 16 unità immobiliari a Roma, tra cui una villa ad Anzio e un’altra a Fregene, del valore complessivo di oltre 8 milioni di euro, formalmente intestate ad una società di diritto lussemburghese, ma che i finanziari sono convinti avesse come titolare effettivo lo stesso Cinque.