E’ stato un incontro toccante, oltre ogni dire, quello di ieri pomeriggio ad Anzio presso il Parco Archeologico, con la scrittrice Edith Bruck, sopravvissuta all’Olocausto e che da 60 fa del ricordo di un periodo drammatico della storia umana la sua missione di vita. Ad organizzare l’evento la Proloco di Anzio. Ad accogliere la scrittrice il Sindaco Candido De Angelis, che ha colto l’occasione per invitarla nelle cerimonie dello Sbarco a gennaio, ad incontrare i nostri ragazzi nelle scuole neroniane, per parlare di quello che ha vissuto.
Edith Brock, esile, gentile, racconta senza fronzoli e senza cercare di abbellire fatti drammatici lo sterminio di parte della sua famiglia, il passaggio in diversi campi di concentramento, quelli di cui tutti conosciamo i nomi, il fatto di essere sopravvissuta perché ragazza povera di campagna, abituata al sacrificio. “Gli intellettuali – spiega – i borghesi, le persone abituate alle comodità sono morte per prime”. Edith racconta quando ha pensato più volte, di morire, della fame, di aver camminato per mille chilometri in cerca di un posto da chiamare casa. “Dopo la guerra – ha detto – ho cercato di tornare in Ungheria, ma non era casa mia, in Israele, ma non volevo fare il servizio militare, poi a Napoli con una finta compagnia di ballo che si è subito sciolta, perchè nessuno ballava. A Napoli la gente era sorridente, accogliente, molto più di quanto lo sia oggi, era povera e affamata ma piena di gioia. Ho capito che potevo vivere in Italia, sono finita a Roma, dove vivo ancora oggi”. Ed è a Roma, frenato poeti come Ungaretti e Montale, che Edith ha trovato la forza di scrivere tutto quello che aveva vissuto.
“Oggi – ha poi detto – in troppi Paesi, in Italia ma soprattutto in Europa, in posti come la Polonia, si nega la storia, quello che è accaduto, ma noi lo abbiamo vissuto e siamo ancora qui per raccontarlo. Il fascino è tremendo, il nazismo ha fatto qualcosa di impensabile, non dobbiamo dimenticarlo mai”. La Brock in nessun momento parla di odio, racconta la sua storia con una serenità impensabile. “Non voglio dire – spiega – perché l’odio distrugge chi lo prova. Mi fa pena chiude gli occhi davanti a queste storie, chi non vuole sapere, chi ci sputava e ci aggrediva. Mi vengono in mente le parole di mia madre, che diceva perdonali, non sanno quello che fanno”.
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