di Ilaria Pirri
Alex Afilani, trentenne di Nettuno, si è dimostrato un’artista poliedrico. Infatti, oltre ad aver pubblicato il singolo “A fine mese”, che rientra nella top 100 dei singoli radiofonici più trasmessi nel settembre del 2020, ora è disponibile in libreria e su tutti gli store online, il suo primo romanzo: “Sotto le stelle del jazz”. Il giovane cantautore, cantante e scrittore, ha ancora una volta dimostrato di saper stupire tutti coloro che lo seguono. Un giovane a cui sicuramente piacciono le sfide, quale sarà la prossima? Di seguito l’intervista che ha rilasciato alla nostra redazione.
Sei un cantante e un cantautore. Come mai hai deciso di scrivere un romanzo?Sostanzialmente sono due ambiti artistici (musica e letteratura) che mi hanno sempre coinvolto alla stessa maniera, il primo perché rumoroso e il secondo perché invasivo: adoro essere ingombrante. Tuttavia, per pigrizia mi lascio spesso coinvolgere in lunghe sedute di ‘’divaning’’ per cui, a lungo, ho sviluppato soltanto i miei progetti musicali. Ma il 2020 si è rivelato un anno surreale durante il quale ho scoperto che, restando comodamente sul divano e utilizzando una struttura di cuscini a supporto, avrei potuto ammazzare il tempo riversando finalmente su carta questa storia, che avevo smantellato e ricostruito migliaia di volte dentro la mia testa.
Il tuo primo romanzo ha un titolo particolare: “Sotto le stelle del Jazz”, perché lo hai scelto?
Suonava bene, donava una credibilità estetica al mio romanzo. Peraltro, volevo mantenere vivo il mio legame con il mondo della musica, che è quello dal quale vengo, e scrivere ‘’jazz’’ nel titolo donava un’aria elegante a quel clima di ‘’so tutto io’’ che mi appartiene. Ma è stata anche un’occasione per tributare un artista straordinario (citato nel romanzo) come Paolo Conte. Personalmente lo trovo molto evocativo e anche il mio editore ha concordato che fossi insopportabile.
Il tuo interesse per la scrittura è nato contemporaneamente a quello per la musica o è nato in un secondo momento?
Amo la scrittura come mezzo di espressione: lo sproloquio è attinente ad un vanitoso. Nascendo da musicista e muovendomi nel panorama del cantautorato, il mio interesse è sempre stato quello di costruire un personale connubio tra musica e parole, tra ridicole tutine colorate anni ’80 e cappotti eleganti. Quindi è venuta prima la poesia per la musica, poi la musica della prosa, infine lo psicologo.
Hai in progetto di scrivere un seguito di questo romanzo?
Nelle mie idee, ‘Sotto le stelle del jazz’ è il primo di una trilogia. Una trilogia dove ogni volume sarà fine a se stesso, come ogni cosa che dico, ma ruoterà intorno a tematiche filosofiche comuni, ricercando la costruzione di quella ‘’ragnatela’’ di significati che appiccicano il senso della nostra esistenza.
Le vicende che tu descrivi nel libro sono collegate a delle esperienze che hai vissuto in prima persona?
Io penso che lo scrittore debba essere nudo di fronte al lettore, per quanto non so fino a che punto quest’ultimo sia pronto al mio punto vita. Noi dobbiamo vendere storie sincere, prima ancora che belle e il nostro lavoro ruota intorno alla ricerca di connessione umana. Per cui nel romanzo sono presenti molte scene di vita quotidiana, vissute in prima persona e che accadono comunemente a tutti: possiamo tirarcela quanto ci pare, ma le nostre vite traboccano di futilità. Nel romanzo scrivo, letteralmente: ‘Non chiedetemi perché vi stia raccontando dei particolari inutili, piuttosto chiedetevi cosa resterebbe delle vostre vite se i particolari inutili venissero omessi’.
Quanto tempo hai impiegato a scriverlo?
In verità pochissimo, ma per una serie di circostanze ‘particolari’. Innanzitutto, la possibilità di potermici dedicare quotidianamente, giorno e notte. Dopodiché, come dicevo, il fatto che la storia avesse assunto nella mia testa già dei contorni definiti, così che la mia mano andasse dritta e spedita verso la fine, trascinata dal vento dell’ispirazione. E poi la smania di stupire in un momento storico opaco come il nostro abbinata a quella convinzione, quasi messianica, che ci rapisce in quanto artisti e ci rende intrattabili al di fuori delle nostre opere. In linea di massima ho scritto la prima versione in un paio di mesi, poi ho continuato a correggerla per i tre successivi.
Musica o scrittura, quale strada pensi di seguire per il futuro?
Se possibile vorrei portare avanti entrambi i miei progetti, perché vi meritate questa punizione. Si deve tener conto che esistono delle ovvie differenze di tempistica tra i due lavori: scrivere una canzone è un mestiere molto più immediato che scrivere un romanzo, quindi io stesso dovrò imparare a gestirmi. E soprattutto dovrò imparare a gestire la smania del consenso, per restare ancorato al vecchio retaggio dello scrivere quando si ha qualcosa da dire.
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