Una folla di oltre 400 persone si è riunita questa sera nel parcheggio de La Piccola ad Anzio, tutti o quasi commercianti di Anzio e Nettuno pronti a manifestare la rabbia ma anche la disperazione economica legata ai provvedimento di chiusura del governo, legati all’emergenza Coronavirus e alla paura di non riuscire a superare un periodo critico. Una parte dei manifestati si è riunita a piazza Garibaldi, in testa al corteo Walter Regolanti di Romolo al Porto, almeno 200 i ristoratori e gestori di palestre che hanno sfilato a piedi, i silenzio, ordinatamente, passando in piazza Pia e su via Aldrobrandini, fino a La Piccola. Qui altri commercianti, molti anche di Nettuno. Nel piazzale un ampio dispiegamento di forze di polizia per garantire la tutela di tutti. Carabinieri in tenuta antisommossa, mezzi pesanti, il Commissariato di polizia di Anzio e Nettuno al completo, a partire dal Dirigente Sarnari e anche la Polizia locale di Anzio. Mischiati tra la folla tanti politici di Anzio e Nettuno, dal Sindaco Candido De Angelis ai consiglieri Vasoli, Mercuri, all’assessore Gianluca Mazzi, ma anche Maddalena Noce di Nettuno e Vincenzo Capolei.
Al gran completo le Associazioni commercianti di Anzio e il Tridente di Nettuno. Ad organizzare Michela Ramaglioni e Manuela D’Alterio, a prendere la parola, tutti senza simbolo politico, anche esponenti di Forza Nuova e dell’estrema destra. Alcuni degli interventi sono stati centrati sulla crisi che sta distruggendo l’economia nazionale e quella delle famiglie, c’e chi rischia non pagare affitto, bollette, di non riuscire a fare la spesa, comprare i libri ai figli. I più colpiti di tutti sono i precari, coloro eh lavorano nel mondo della ristorazione, per il 60% in nero e che oggi sono a spasso, senza alcuna tutela e garanzia. Diverse le testimonianze da Anzio e Nettuno, ma anche quella di un imprenditore di Albano, Charlie Focolari, che invita tutti ad unirsi in un unico grande compartimento che sia in grado di fare pressioni sul Governo per dei provvedimenti più giusti. Poi c’è chi ha i figli da mandare a scuola, le spese per i libri, e se la scuola si interrompe diventa un problema anche più grande. Molte e sensate le contestazioni mosse al decreto del Governo, che chiude per necessità ma non sembra in grado di riuscire a sostenere le famiglie come servirebbe. In mezzo anche interventi populisti di pessimo livello, e frasi che non si vorrebbero mai sentire dette ad alta voce ad un microfono, con un pubblico davanti.
C’è chi si è spinto a dire che “nessuno li ha visti morti del covid” e che le mascherine non servono a nulla, che la libertà è “andare a fare l’aperitivo”. Ma nel corteo e in piazza, e meno male, le avevano davvero tutti perché anche davanti a chi nega si avverte la paura di doversi curare, di poter essere tra quel 10% che viene contagiato dalla forma più aggressiva o tra quel 3% che muore. Alla fine per tutti l’appuntamento al prossimo 6 novembre, per la manifestazione a Roma sotto al palazzo del Governo. Con il dubbio che forse la prossima settimana il Premier Conte, seguendo le indicazioni di molti stati europei, possa imporre nuove e più ampie restrizioni. La situazione è ogni giorno più seria, rispetto al primo lockdown si ha la sensazione che il sacrificio da fare possa non bastare e a pagare, anche stavolta, sono soprattutto le fasce deboli della popolazione ma anche gli imprenditori che vanno avanti senza alcuna garanzia sul futuro prossimo e i ristoratori e le palestre rimaste chiuse, come i teatri e i lavoratori dello spettacolo. Servono soluzioni immediate per evitare che la rabbia sociale continui a crescere.
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