Siamo riusciti ad ottenere il documento che uno dei cosiddetti dissidenti del Partito Democratico, Matteo Selva, ha inviato al segretario provinciale Rocco Maugliani prima della riunione del direttivo svoltasi ieri presso la sede di via Montenero a Nettuno, in quello che sembra essere un vero e proprio scontro tra i vari livelli del PD. Questo documento è stato inviato anche al segretario regionale Fabio Melilli. Lettera citata, tra l’altro, anche ieri dallo stesso Maugliani
Gentile Rocco Maugliani,
Da alcune agenzie di stampa, apprendo che lei vorrebbe cacciarmi dal Partito Democratico. Dal momento che noi, ovviamente, non ci conosciamo, mi sono prontamente chiesto: ma chi sarà mai questo signore che ce l’ha con me? e perché vuole cacciarmi dal PD? In sintesi e senza volerle mancare di rispetto: Rocco chi?
Allora ho fatto un cosa molto semplice: ho cercato il suo nome su Google. Apprendo che lei è il segretario provinciale del PD. Eletto nel 2013: finalmente un giovane ecc. ecc. Trovo anche una sua intervista: lei dice che con la sua elezione a segretario provinciale è “finalmente venuta meno la deleteria logica correntizia interna” e che l’unità ritrovata “nasce intorno a un senso di responsabilità collettivo”. Dice anche, nella sua intervista, che lei è stato un ex Ds, Dalemiano, Bersaniano e poi, come tutti dopo l’8 dicembre del 2013, Renziano. Leggo che è diventato Renziano perché Bersani aveva fallito nella ricostruzione di un PD che a lei non piaceva.
Benissimo. Io, invece, sono stato per sette anni un consigliere comunale del PD a Nettuno. Sette anni. Non un giorno, un mese o un anno. Ma sette anni. E vuole sapere quante volte ho avuto il piacere di parlare con lei o con qualche suo predecessore alla guida della Segreteria provinciale del Pd? Nessuna, nemmeno una volta.
Ma veniamo a noi. Vuole sapere perché ho sfiduciato il mio Sindaco? Un Sindaco del PD? È molto semplice. Quando sono stato eletto per la prima volta, ero entusiasta. Uscivamo da un periodo di commissariamento per presunte infiltrazioni mafiose della precedente amministrazione. Nettuno si trovava in una condizione disastrosa, sull’orlo del dissesto finanziario. Avevamo una montagna di debiti ed ereditavamo una Società, la Nettuno Servizi, che per noi era il male assoluto. Noi rappresentavamo la svolta.
E così fu, per certi versi. Cacciammo la Nettuno Servizi, ci riappropriammo del servizio di riscossione Tributi e, soprattutto, riuscimmo a dimezzare il debito del Comune dando un po’ d’aria fresca alle pur stantie risorse economiche dell’ente. Ci sentivamo protagonisti di una rinascita. Avevamo, pur se con molti problemi ancora da risolvere e con alcuni distinguo, fiducia l’un l’altro e voglia di andare avanti.
Poi le cose presero un’altra piega. La seconda consiliatura portò al pettine alcuni nodi non risolti di quella passata. E quella fiducia reciproca che comunque ci univa si è man mano sgretolata. Fino alla rottura di questi giorni.
Probabilmente lei oggi ha una visione parziale di ciò che è successo e che invece ritiene essere la “Verità”. Altrimenti non si spiegherebbe come mai, invece di chiedersi il motivo della sfiducia ad opera di otto consiglieri della maggioranza, il suo primo pensiero è stato quello di voler cacciare i “dissidenti” del PD. Ma non credo che la colpa sia solo sua. Forse le si può imputare che invece di venire a sincerarsi di cos’era il PD di Nettuno, si è fermato al racconto di qualcuno o alla lettura di qualche giornale. Ma i giornali, si sa, a volte non sanno neanche cosa scrivono pubblicando sontuosi editoriali dove confondono consiglieri del PD e quelli degli altri partiti di maggioranza.
Ad ogni modo, non voglio aggiungermi alla lista di coloro che vogliono spiegarle cos’era il Partito Democratico di Nettuno. Le dico solo che in questi sette anni da consigliere comunale, nemmeno una volta, a mia memoria, una sola azione politica dell’amministrazione è passata attraverso il dibattito interno al Partito.
Comunque, per farla breve. Poco dopo l’estate del 2014, insieme ad altri consiglieri di maggioranza, cominciammo ad esprimere alcune perplessità sull’operato dell’amministrazione, ormai ferma in uno stallo senza precedenti e in un calo di consenso enorme. Perplessità sul nostro stesso operato, dunque. Anche se, in realtà, pur essendo consiglieri comunali, non sapevamo più cosa stessimo facendo e, soprattutto, cosa si stesse decidendo sui temi fondamentali per la vita dei cittadini. Non sapevamo più nulla del Parcheggio, della raccolta differenziata, del PUA, della Stazione Appaltante, delle questioni Urbanistiche (e io ero il Presidente della Commissione Urbanistica), dell’assetto del territorio, di uno sviluppo economico a vocazione turistica, oltre ad altre macro questioni mai affrontate.
Alla fine, decidemmo di parlare con il Sindaco. A dicembre, spiegammo al Primo Cittadino, con il quale ci fu piena sintonia sui temi esposti, che dovevamo ricompattare la maggioranza sui suddetti punti che noi ritenevamo fondamentali e che, soprattutto, ci doveva essere condivisione su tutto e che tutti i consiglieri dovevano prendere parte al processo di decisione dell’azione amministrativa. Sollevando anche il problema di una nuova Giunta, dal momento che la costituzione di quella precedente l’avevamo letta sui giornali.
Dopo questo incontro, che per noi era stato distensivo e chiarificatore, dai “fedelissimi” del Sindaco sono invece partiti solo attacchi nei nostri confronti. Bollandoci come ricattatori. Chiedevamo chiarezza e ci accusavano di alzare il prezzo. Volevamo condivisione e insinuavano che volessimo solo incarichi, poltrone o quant’altro. Pretendevamo un cambio di passo per il bene della Città e invece si continuava a tramare contro di noi cercando maggioranze alternative addirittura avviando colloqui con l’opposizione o riavviando quelli con il gruppo dei Liberal, seppur critici da tempo. Un meccanismo perverso, che invece di portare al confronto, ci stava portando tutti sempre di più in uno stallo amministrativo senza via d’uscita.
Vorrei soprassedere sulla farsa delle dimissioni con i relativi venti giorni ma servono a chiudere un quadro. I problemi sollevati da noi, infatti, rimasero indiscussi e il metodo sul “COME” risolvere le questioni non si affrontò neanche. L’assurdità finale fu l’email del Sindaco il giorno prima dello scadere dei venti giorni dove si evinceva che il suo blackout informativo era voluto e che la mancanza di collegialità non era altro che una scelta per capire l’attaccamento alle problematiche da parte dei consiglieri comunali.
Come ho avuto già modo di dire, era un gioco ai danni della Città al quale non volevo assolutamente partecipare.
Ah, dimenticavo. Io non prendo ordini da nessuno, ma mi confronto con i cittadini e con chi mi ha sostenuto in campagna elettorale. Lasci perdere fantomatiche trame per l’esercizio del potere. Lasci perdere dirigenti e uomini in nero. Io scelgo in base a quello che penso e quello che credo essere il bene della mia città. E soprattutto non penso in base allo statuto di un partito. È il partito che deve adattarsi al territorio e non il contrario.
Vede, caro Rocco, in questi sette anni sono stato molto altro, rispetto al mio ruolo da consigliere comunale. Con la mia vita e il mio lavoro. Però, in questi sette anni sono stato anche un consigliere comunale, con tutto ciò che ne ha dipeso in termini di assunzione di responsabilità e impegno.
Per questo ho creduto in quest’amministrazione e l’ho sostenuta fino dove ho potuto. Non ho il dono di leggere all’interno delle coscienze delle altre persone. E quindi non posso giudicare l’operato di altri. Però sono in grado di leggere la mia. E nel farlo, ho dolorosamente preso atto di un fallimento, dove anche io ho avuto le mie colpe. Se la scelta di mettere le firme insieme all’opposizione era l’unica strada percorribile, alla fine l’ho percorsa, ma non si creda che l’abbia fatto a cuor leggero.
Cordialmente
Matteo Selva