E’ rimasto in silenzio per quasi tre mesi da quel tre maggio in cui ha firmato la sfiducia all’ex Sindaco di Nettuno Angelo Casto e oggi, all’indomani del pronunciamento del Tar che ha messo la parola fine alle speranze degli ex consiglieri e del primo cittadino che avevano presentato ricorso, l’ex consigliere Marco Montani vuole dire la sua sul percorso che lo ha portato ad essere da uno dei più convinti sostenitori del Movimento 5 stelle e di Casto alle dimissioni che hanno posto fine all’esperienza Amministrativa grillina.
“Sono stato in silenzio fino ad ora – spiega Montani – per diversi motivi, il primo è perché questa vicenda mi ha causato una grande sofferenza anche umana. Il secondo è il rispetto per le regole. Era importante attendere il pronunciamento del Tar. Ora però – sottolinea – è arrivato il momento che io racconti come ho vissuto questa storia, perché ho fatto la scelta di dire basta. Voglio anche ringraziare la stampa che ha seguito questa vicenda con imparzialità e dando voce a tutti. Senza chi ci ha dato voce nessuno avrebbe capito cosa stava accadendo. C’è chi ha molto omesso, ma anche tagliato e scritto cose non vere, negando ai cittadini la possibilità di capire i fatti. Ora ho metabolizzato quello che è accaduto. Quando credi in un persona come io credevo nel Sindaco Casto – spiega – oltre ad un progetto politico, la questione è complessa e dolorosa. E’ stato proprio Casto a cercarmi insieme a Giuseppe Nigro, nel mese di aprile del 2015, si sono posti in un certo modo, facendo discorsi di principio, di onestà di valori. Qualcosa in cui mi sono subito riconosciuto. Poi c’è stata l’elezione, le cose si sono fatte sempre più difficili, anche i rapporti nel gruppo consiliare del Movimento e qualcosa, alla fine è cambiato. Nigro è rimasto lo stesso ma Casto no.
E’ importante che i cittadini capiscano che noi abbiamo creato un progetto e un programma per la città in cui credevamo, non erano solo chiacchiere. E che questo progetto, nato da anni di fatiche e impegno è stato tradito. La cosa più sgradevole è che Casto alla fine ha ottenuto quello che voleva e che minacciava da mesi prima della caduta, quando una settimana si e una no scriveva lettere di dimissioni. Minacciava di continuo che sarebbe andato via, prima qualcuno della giunta lo fermava, poi interveniva qualche consigliere. In questo delirio, non si poteva discutere di nulla. Non si poteva dire a Casto nulla di diverso da quello che lui pensava in un momento, subito reagiva in maniera insensata. Il tutto in maniera completamente avulsa dal suo ruolo di Sindaco. Ad un certo punto mi è sembrato chiaro che non ha mai capito che cosa voleva dire essere il Sindaco di Nettuno. Per me, lo dico con molta chiarezza, l’unico grande colpevole del crollo dell’esperienza di Nettuno e della pessima figura del Movimento è Angelo Casto. Il suo comportamento, sia con il gruppo consiliare che a livello esterno sono stati la causa di tutto. Ad un certo punto – spiega Montani – sembrava che non riuscisse più a reggere il peso della situazione e ha iniziato a cercare il modo di uscire ‘bene’ da questa situazione. ‘Inizierò le opere pubbliche in cantiere e poi andiamo tutti a casa diceva….’. ‘Non ce la faccio più’ era la frase ricorrente rivolta ai dissidenti, a partire da Tortis, Gallina e Monti. Ha ingannato i nettunesi, non pensava al bene della città quando progettava la fine dell’amministrazione. ‘Non si può andare avanti così’ ripeteva riferito alle pressioni dei consiglieri tutti. Ce l’aveva con tre in particolare. Una volta, dopo l’astenzione in consiglio comunale su un punto importante, e qualche tempo dopo il voto all’Area metropolitana, ci chiamò di domenica pomeriggio per andare a casa sua, tutti tranne i tre (Monti, Gallina e Tortis) e non lo disse neanche a Rizzo, che stava in missione ma non glielo fece sapere perché pensava che glielo avrebbe detto, per discutere di come comportarci. La tensione era tale che il Sindaco chiese a tutti come fare ad arginare i tre. Molti di noi gli hanno detto che bisognava farli richiamare dal Movimento, per le azioni e i comportamenti tenuti, si valutò se si poteva pensare di escluderli dal gruppo. Ma non è stato fatto nulla. Solo alla fine abbiamo anche saputo che parlavano con l’opposizione per creare problemi alla giunta e all’amministrazione. Poi, dopo qualche tempo, Latini si è aggiunto ai tre.
Alla fine anche gli altri che si sono aggiunti ai tre che all’inizio tutti consideravamo ‘dissidenti’, perché avevano difficoltà a rapportarsi con la giunta. Questo anche perché Casto è stato assolutamente incapace di gestire i maldipancia dei consiglieri nei confronti degli assessori. Non ha mai creato raccordo tra le parti, ma ha fatto anche peggio. Io ero uno dei prediletti, almeno così mi diceva, in realtà con gli altri diceva tutt’altro. Non solo non cercava il dialogo, ma mentre alla giunta diceva che con i consiglieri ci pensava lui, con noi creava spaccature e divisioni. Anche i consiglieri facevano finta di non capire che mentre noi ci riunivamo una volta a settimana, mai più di sette o otto, alla fine, al massimo in tre, gli assessori lavoravano dieci ore al giorno tutti i giorni e noi non stavamo al passo. Poi dicevano che non seguivano le indicazioni…
Alla fine – spiega Montani – anche Casto si è reso conto che Mancini e la giunta erano tre passi avanti anche a lui. La cosiddetta crisi di fiducia tra Casto e Mancini è stata una questione di orgoglio. Casto ha sofferto molto anche in consiglio comunale il modo diverso in cui lui appariva rispetto alla giunta, rispetto a Fiorillo che replicava ai consiglieri con tranquillità. Soffriva la visibilità di Mancini in particolare, la sua pagina Fb personale, il suo stare in prima pagina. ‘Dovresti farlo tu, sei il sindaco devi comunicare’ io gliel’ho detto mille volte. ‘Se non lo fai qualcuno deve pur farlo’. ‘Tu devi parlare ai cittadini’, gliel’ho detto in tutti i modi, gli ho anche detto di farsi aiutare, ma lui non è stato all’altezza di questo compito.
Fino a che ha creduto che fossero solo tre i ‘nemici’ interni, fino a che pensava che gli altri avessero stima di lui ha retto – sottolinea Montani – quando la situazione si è complicata ha capito di non riuscire a tenere a bada il gruppo ed ha perso ogni controllo.
Fino a che c’era la giunta – spiega – c’erano rapporti difficili con alcuni consiglieri, con i tre consiglieri in particolare. Con gli altri a periodi. Le difficoltà erano sempre le stesse, secondo i consiglieri la giunta andava troppo in fretta, come se fosse un difetto. Dicevano che andava per conto proprio, dando poca attenzione alle richieste dei consiglieri in realtà tutto quello che faceva la giunta era condiviso, punto per punto, con Casto, che alla fine ha negato di aver avallato ogni scelta, anche la più piccola, comprese le candidature contestate dai dieci. Ma lo sappiamo bene tutti che era così. Noi ci riunivamo una volta a settimana e stavano tutto il tempo a criticare chi lavorava senza sosta, con risultati che vedevamo tutti. Molti – sottolinea – a mio avviso non hanno capito neanche il ruolo dei consigliere. I consiglieri danno un indirizzo ma non entrano nel merito delle questioni. Alcuni consiglieri hanno frainteso il proprio ruolo, addirittura portando dei preventivi, entrando nello specifico delle opere da realizzare, sarebbe stato come se io avessi partecipato a delle gare sulle cartolerie, o sui libri, non lo avrei mai fatto sarei in pieno conflitto. Altri non hanno avuto la stessa attenzione, mostrando tanto interesse in alcuni settori in cui lavorava anche privatamente. Addirittura la domenica precedente al 4 marzo, data delle elezioni regionali, il Sindaco e un consigliere hanno preso parte ad una riunione del consorzio Cioccati per proporre tutto il cambio delle lampade per farle a Led, nel quartiere. A tutti e due i vertici del Consorzio avevano chiesto di interessarsi della questione dell’abuso edilizio della zona, ma di quello gli interessava meno. Per me queste sono cose da vecchia politica, che hanno scandalizzato alcuni di noi ma non tutti.
Di questo non si è mai parlato nel gruppo, non ci si è voluti confrontare su preventivi e incontri, di mandare via gli assessori integerrimi invece si è discusso. Un’altra questione discussa era la presidenza della commissione urbanistica affidata al consigliere Pizzotti, il cui marito lavora nell’ufficio di riferimento. Lei era molto critica con l’assessore Pompozzi, senza mai scendere nel dettaglio. Aveva vinto due bandi, non erano chiari i malumori. Secondo lei Pompozzi ‘non condivideva con la commissione tutti i lavori e le scelte’. Più di qualcuno ha chiesto al Sindaco la rimozione della Pizzotti da quella commissione per metterla in un’altra dove c’era meno conflitto, ma non è stata spostata. Io comunque – dice ancora Montani – la lettera con cui hanno chiesto la testa degli assessori, alla fine, non me l’aspettavo e, nonostante i rapporti logorati, neanche mi aspettavo che ci avrebbero completamente fatto fuori. La mia lettera di malessere su certe questioni, datata dicembre 2016, non l’hanno neanche voluta mettere a verbale, ma i preventivi di Latini alla fine si. Alla fine, da prima della caduta della giunta, almeno da quattro mesi prima, il gruppo non si riuniva più e quando si riuniva eravamo al massimo in tre o quattro, non si arrivava mai a dieci, a sedici era utopia, i tre dissidenti venivano quando si ricordavano, Monti quasi mai, Tortis mai, era spesso assente anche in consiglio, Latini era spesso assente, il più presente dei dissidenti era Gallina, in assoluto il più presente ero io, sarò mancato tre volte. Se vuoi fare il consigliere sai che è un impegno, il tempo si deve trovare. Molti non hanno avuto il necessario senso di responsabilità nei confronti della città”. Parte della stampa ha raccontato queste tensioni, spesso ci siamo chiesti come facevano a sapere, altri invece non erano interessati ai problemi, solo ai comunicati del Sindaco.
Poi si è arrivati alla fine.
“L’11 marzo i consiglieri Lucci e Latini hanno consegnato la lettera con cui si chiedeva la testa di tre assessori al Sindaco Casto. Lui ha pensato bene di tenersela tre giorni e il giorno prima del consiglio convocato per il Bilancio ce ne ha parlato a noi quattro che lo abbiamo sfiduciato, e al consigliere Rizzo che poi è passato con i dieci ma che all’inizio era con noi. I settori contestati erano Urbanistica, Lavori pubblici e Ambiente, i dieci, ci ha detto Casto, hanno apertamente minacciato di non presentarsi nel consiglio comunale per non votare il Bilancio.
Noi gli abbiamo consigliato di stracciare il documento, io gli dissi di rinviare tutto, anche il consiglio, al lunedì, ‘ci riuniamo – gli ho detto – e cerchiamo di risolvere la questione’. Casto disse ‘io intendo accettare quanto meno la richiesta su Mancini, sapete bene che i nostri rapporti sono sul punto di non ritorno, ma potrei farli ragionare sugli altri due’. Noi gli abbiamo detto che sarebbe stato un grandissimo errore se lui avesse accettato questo ricatto politico da parte di dieci consiglieri. ‘Su Mancini non transigo, se ne deve andare’ ci ha risposto. Il consiglio come è andato lo abbiamo visto tutti. C’erano quattro assenti: Gallina, Tortis, Bonamano, e Latini, la Trulli è arrivata all’ultimo momento. Monti dice all’opposizione che se vanno via non c’è il numero legale, Monti si assenta e il bilancio lo votiamo grazie al consigliere Dell’uomo. Questi sono fatti, non ipotesi o invenzioni.
Dopo di che – sottolinea Montani, che ancora si arrabbia al ricordo – chi sale dal sindaco sono i 5 consiglieri fedeli davvero e gli assessori. Gli altri, i dieci del ricatto politico, se ne sono andati tutti. In uno stato di sconforto in cui abbiamo passato 15 minuti di silenzio e rabbia per quello che era accaduto, con alcuni assessori in lacrime, una situazione pesantissima Casto inizia a scrivere la lettera contro Monti allo staff del Movimento 5 stelle e prende la decisione di cacciarlo dal gruppo 5 stelle. Andiamo a cena, in un clima tra noi ‘fedelissimi’ quasi normale. E’ stata una telefonata che ha fatto cambiare umore al sindaco, una telefonata che noi sappiamo bene da chi è arrivata, ma comunque lui era con noi. La giunta per rispetto nei suoi confronti, gli annuncia di essere pronta a rimettere le deleghe se lui lo riterrà opportuno. La serata sembrava chiusa al meglio. Il Sindaco aveva detto con chiarezza chi erano i ‘traditori’, anche su questo poi ha cambiato idea. Il sabato a sorpresa, Casto cambia idea praticamente su tutto, accetta le dimissioni della giunta e volta la faccia ai quattro che fino a quel Momento erano i fedelissimi e Rizzo lo segue. Io l’ho subito chiamato. Gli detto testualmente ‘Angelo non facciamo questa stupidaggine di rompere tutto’. Ogni giorno, per sette giorni, l’ho chiamato fino al venerdì successivo, lui mi ripeteva ‘io lo devo fare’. Dietro questa frase ripetuta all’infinito si può nascondere di tutto. Noi cinque, diventati poi quattro con Rizzo passato con i dieci, siamo diventati da fedelissimi del sindaco a opposizione per volontà di dieci consiglieri con l’appoggio del Sindaco stesso, in 24 ore. Abbiamo chiesto in quella settimana, infinte volte un confronto, di poter parlare e rimettere a posto le cose. Ci ha sempre negato ogni dialogo. Sulle dimissioni non intendeva neanche discutere. Lui stava guardando avanti e non ha voluto parlare con noi. Dopo sette giorni la situazione è diventata chiara. Volevamo delle risposte anche a nome dei cittadini, e noi glielo abbiamo chiesto, anche via mail, dopo sette giorni di pressing in forma privata, anche in forma pubblica. Con gli altri consiglieri i rapporti erano diventati inesistenti. Tra i dieci, i tre dissidenti e gli altri sette, invece è nata una nuova coesione, c’è stata anche una riunione, Casto non ha voluto parlare della crisi, non si voleva confrontare, e alla fine si è parlato di preventivi. Poi c’è stata la riunione con la Corrado. Io chiesi alla Corrado e a Cottone se quello che era accaduto rientrava nelle regole e nell’etica del Movimento 5 stelle. La Corrado disse che il documento dei dieci andava strappato. In tutti i modi abbiamo cercato di dialogare e risanare una situazione. Sono state chiuse tutte le porte.
Poi ci sono state le nomina di Cataldo e della Vaccaro e il famoso consiglio comunale delle intimidazioni a Dell’Uomo. La frattura tra i consiglieri a 5 stelle era anche fisica, i quattro in prima fila gli altri lontani. Casto ribadisce la cacciata di Monti, ma anche li c’è un improvviso volta faccia. I dieci volevano che Monti restasse e lui ha dovuto fare marcia indietro.
Nella riunione in cui ci siamo riuniti per discutere la mozione dell’opposizione in cui si chiedeva di verificare l’incompatibilità di Cataldo noi quattro eravamo pronti a votare si, era una richiesta legittima verificare l’incompatibilità. C’è stato un confronto acceso. Anche li è stato chiaro che non c’era più margine di dialogo.
Casto non ci ha mai risposto, non ha mai fatto chiarezza sulle nostre domande, alla fine non gli abbiamo più risposto neanche noi. Io devo dirlo – sottolinea Montani – mi sento ancora adesso tradito dalla figura del sindaco, ha dimostrato con tutto ciò che è successo che ci aveva, mi aveva preso in giro. Voleva dimettersi dando la colpa a qualcuno, lo ha anche scritto in una chat: “Distruggo tutto e me vado, a Nettuno 5 stelle non li rieleggeranno mai più”. Quando non gli abbiamo più risposto è venuto da me in negozio. Ci ha chiamato mille volte, ma prima era lui che non ci rispondeva. Gli bastava uno dei quattro da recuperare per ricominciare un nuovo percorso dettato dai dieci consiglieri. Fatti alla mano, un corso per me inammissibile, con i preventivi e la nuova giunta che in parte aveva già avuto comportamenti deludenti. Non c’era alcun motivo per accettare quello che era accaduto. Vorrei che i cittadini capissero questo. È stato il Sindaco a tradire e con lui i dieci consiglieri. Non si può andare avanti con un consigliere che ti dice o cambi giunta o non ti voto il bilancio, che ti dice o tieni Monti o vai a casa. Piuttosto si doveva dimette lui e valutare se la situazione era sanabile. Il comportamento tenuto è contro ogni logica, ogni regola, ogni etica. Casto non è stato all’altezza del suo ruolo sia politicamente che umanamente. Io mi sarei dimesso il giorno dopo che è stata cacciata la giunta senza un vero motivo. I dieci non hanno portato una sola motivazione valida, solo pretesti assurdi. Ho retto un mese per rispetto ai quattro con cui abbiamo avviato un percorso, ma io sarei andato via subito. Non voglio neanche sapere se c’erano altri obiettivi tra chi poi ha fatto ricorso, quello che so è che i consiglieri hanno cacciato una giunta senza un perché e il sindaco glielo ha permesso perché non è stato capare di gestire né la giunta né i consiglieri. Mi dispiace che molti non hanno capito quello che è accaduto, io in Casto ci credevo, l’ho difeso in consiglio comunale contro tutti, quello che è successo ha colpito me per primo. Ancora ci sto male.
In questa situazione il recupero di Monti con le foto in piazza con Tortis, Gallina e Lucci è stata tra le cose più assurde. Alla fine Casto ha tradito anche i dieci, li ha presi in giro, lo sapeva che sarebbe andato a casa e se li è trascinati dietro. Poi il ricorso, l’ultima brutta figura che si poteva evitare. Mi hanno detto che hanno fatto una colletta per pagare il ricorso al Tar, c’è gente tra i dieci consiglieri che non ha mai voluto tira fuori neanche dieci euro per compare il gazebo per le ultime elezioni. Incredibile. Spesso a pagare per eventi, iniziative e brochure è stato Mancini di tasca sua, non si è mai fatto chiedere le cose due volte. Anche da questo si capisce come ragionano. Paradossalmente chi ha contrastato Casto per due anni, in tutti i modi, alla fine lo ha convinto a fare ricorso per tornare a fare il sindaco”.
Infine due parole sull’intervista a Palladino, subito dopo la sfiducia, citata nel ricorso al Tar, in cui si diceva che Montani non voleva far cadere la giunta. “Quando mi ha chiamato mi è sembrato strano che avesse il mio numero – conclude – non so chi glielo abbia, dato, forse proprio il Sindaco che si vantava di questa amicizia. Io dissi con chiarezza che non avevamo rapporti con l’opposizione, che sono andato a firmare ma non ero certo che poi l’opposizione ci avrebbe seguito. Ma lo speravo. Volevo che Casto andasse a casa perché la nuova situazione messa in piedi era vecchia politica una cosa diversa da quella per cui avevamo chiesto il voto, una situazione che non mi piaceva”.
Come sempre in passato, anche questa volta, siamo aperti ad ospitare le repliche di tutte le persone citate in questa ricostruzione degli eventi che hanno portato alla fine dell’Amministrazione 5 stelle.
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