E’ stata presentata dai Senatori Giuseppe Vacciano, Francesco Molinari, Maria Mussini, Cristina De Pietro e Alessandra Bencini tutti eletti con il Movimento 5 stelle e poi passati al Gruppo Misto, un’interrogazione presentata al Ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare relativamente all’impianto Kyklos che da decenni appesta i residenti di Aprilia e Nettuno a causa del mancato rispetto delle indicazioni di legge per lo stoccaggio dei rifiuti i cui effluvi rendono un inferno al vita dei cittadini della zona e spesso anche quella del centro cittadino.
“Premesso che – si legge nel documento – per quanto risulta agli interroganti: nella mattina del 4 ottobre 2017 i carabinieri forestali del Nucleo investigativo di polizia ambientale e forestale hanno apposto i sigilli alla Sep, l’impianto che produce compost a Pontinia (Latina), stabilimento già oggetto dell’atto di sindacato 3-03912 del 26 luglio 2017 a prima firma del primo interrogante, nel quale si denunciavano le emissioni odorigene moleste che per molti anni hanno penalizzato pesantemente la vita di un bacino di circa 50.000 persone dell’entroterra pontino. Nell’inchiesta risulta indagato l’amministratore unico dello stabilimento al quale viene contestato l’articolo 674 del codice di procedura penale, ossia “getto pericoloso di cose”. Preoccupazioni simili sono causate anche dall’impianto Kyklos di Aprilia (sempre in provincia di Latina – ma anche a Nettuno ndr -): dopo la morte, nel luglio 2014, di due operai causata da esalazioni di acido solfidrico levatesi da percolato innegabilmente fuori norma (presentata un’interrogazione all’uopo il 7 agosto 2014, 4-02615), l’azienda è stata rilevata dal gruppo Acea tramite la collegata Acea Ambiente Srl, la quale è oggetto di forti contestazioni per le esalazioni moleste che, negli anni e nonostante i cambiamenti degli assetti societari, non hanno mai smesso di creare disagio nella zona apriliana, andando a lambire anche parte del comune di Nettuno (Roma);
Kyklos e Sep sono solo alcuni esempi di imprese pontine il cui core business è costituito dai rifiuti o alcune tipologie di questi; al contempo, sono molti gli impianti al centro di proteste civiche dovute alle emissioni odorigene moleste che si levano dalle strutture di lavorazione e cosiddetto recupero; iniziative imprenditoriali private di questo genere già inserite all’interno del ciclo dei rifiuti rappresentano una controparte importante di questo delicato servizio pubblico, che è, allo stesso tempo, un settore attorno al quale ruotano corposi interessi economici privati che spesso, almeno nel Lazio, sono sfociati in inchieste giudiziarie di rilevante portata (come il “sistema Cerroni”); considerato che, per quanto risulta: da giugno 2017 Acea Ambiente Srl ha avviato i lavori di ampliamento all’interno dell’impianto ex Kyklos per la realizzazione di una centrale a biogas. Tuttavia, da una nota inviata dalla Regione Lazio all’azienda si apprende che l’autorizzazione di VIA sia scaduta il 13 settembre 2017 (termine “fissato di norma in cinque anni dalla data della relativa pubblicazione, di cui alla Determinazione dirigenziale n. A07932, del 1/08/2012”), quindi la Regione autorità competente preavvisa l’azienda che “in assenza di apposito atto di proroga del predetto termine quinquennale concesso dalla competente area regionale, che legge per conoscenza ‘Direzione valutazioni ambientali e bonifiche, Area impatto ambientale della Regione Lazio’, sarà necessario reiterare la procedura di impatto ambientale, e di conseguenza si renderà necessario per la scrivente aggiornare i contenuti della suddetta vigente AIA, al fine di renderla rispondente alla effettiva situazione autorizzativa”;
inoltre, una delle istanze di modifica non sostanziale relative a questo impianto di compostaggio (determinazione n. G04896 del 18 aprile 2017), indicata come intervento n. 2: “utilizzo del fango di scarto dell’impianto di depurazione delle acque di processo prodotte dall’impianto all’interno della sezione di compostaggio”, richiama istanze di modifiche non sostanziali “per prescrizioni rese da ARPA Lazio a seguito di verifiche ed ispezioni” (come riportato all’interno della determinazione n. G03465 del 20 marzo 2017): protocollo n. 531332 del 24 ottobre 2016; protocollo n. 603135 del 2 dicembre; protocollo n. 616697 del 12 dicembre 2016. Interpellata la Regione Lazio in merito al contenuto di tali inusuali istanze di modifiche non sostanziali per prescrizioni rese da Arpa Lazio a seguito di verifiche ed ispezioni, non è pervenuta alcuna risposta ufficiale per chiarire questa dicitura che, a parere degli interroganti, è a dir poco ambigua. In aggiunta, pare che non siano ancora state integrate nell’AIA le prescrizioni dell’Arpa Lazio richieste all’Agenzia durante l’istruttoria dell’autorizzazione che permetterebbero al citato impianto di proseguire con l’esercizio della propria attività imprenditoriale senza che questa sia adombrata dalla mancanza di trasparenza documentale. Di fatti la determina n. G08408 del 7 luglio 2015 recita: “le prescrizioni di Arpa Lazio saranno recepite da questa Area, in apposito atto successivo ed integrativo della AIA medesima, fermo restando quanto previsto nel Piano di Monitoraggio e Controllo allegato all’istanza”, ma a 2 anni da quella data risultano ancora non pervenute. Per concludere il quadro generale che riguarda questa attività, è da considerare l’odore molesto che quotidianamente continua a levarsi dallo stabilimento Kyklos a dimostrazione che nei procedimenti di compostaggio c’è qualche passaggio che non viene eseguito a norma di legge affinché sia garantita un’adeguata tutela sanitaria e ambientale;
inoltre, per quanto riguarda l’impianto di compostaggio SEP di Pontinia, il 4 ottobre 2017 sono stati apposti i sigilli da parte del Nipaf perché l’autorità giudiziaria ha contestato alla dirigenza dello stabilimento l’art. 674 del codice di procedura penale, ossia “getto pericoloso di cose”. Si rileva che nell’AIA rilasciata dalla Regione Lazio, con determinazione del 7 luglio 2015 n. G08407 (numericamente precedente all’AIA concessa allo stabilimento Kyklos), ricorreva la dicitura “le prescrizioni di ARPA Lazio saranno recepite da questa Area, in apposito atto successivo ed integrativo della AIA medesima, fermo restando quanto previsto nel Piano di Monitoraggio e Controllo allegato all’istanza”, concetto ribadito anche nell’aggiornamento della medesima AIA (n. G08609 del 27 luglio 2016) e in quello più recente del 14 febbraio 2017, n. G01515, con cui si concedeva all’impianto SEP un aumento giornaliero dei conferimenti pari a 50 tonnellate, considerata una modifica non sostanziale dell’AIA concessa nel 2015;
altresì, nelle autorizzazioni integrate ambientali concesse dalla Regione Lazio per impianti destinati al trattamento di rifiuti o sottocategorie di questi, spesso si riscontrano questioni degne di una più meticolosa attenzione; si evidenziano: la ricorrenza della mancanza delle prescrizioni tecniche da parte dell’Arpa Lazio; piani di monitoraggio e controllo pubblicati sul sito della Regione vuoti e privi di alcun parametro oggettivo o relativo ai controlli, ossia piani di monitoraggio lasciati in bianco ad eccezione della formattazione di base; un frequente ricorso alla procedura di alterazione dello stato di fatto sulla base del quale viene richiesta l’AIA mediante “modifica non sostanziale” anche quando, a parere degli interroganti, si parla di una modifica sostanziale. Inoltre, è da evidenziare che, oltre alla scarsa trasparenza del sito istituzionale regionale per quanto concerne la consultabilità dei documenti pubblicati e, quindi, pubblici (inadeguatezza del server, link inesistenti, documenti di testo scansionati come immagini, frammentarietà dei documenti afferenti ad un medesimo soggetto), l’effettiva mancanza di controlli da parte degli enti territoriali preposti (Regione e Arpa) è testimoniata dall’indiscriminata libertà imprenditoriale di cui hanno goduto per decenni almeno gli imprenditori del ciclo dei rifiuti poi finiti in questi anni sotto indagine e, talvolta, sotto processo;
per giunta, il piano regionale dei rifiuti vigente, che ha validità quinquennale (2012-2017), contiene le previsioni delle azioni che, oltre ad essere non rispondenti alla realtà ivi presunta ormai obsoleta, vengono disattese da un eccessivo ricorso all’emergenzialità per il conferimento dei rifiuti, vista l’estrema mutevolezza del contesto. A giudizio degli interroganti, questo modus operandi amministrativo svela un’inconsistente linea politica dell’attuale Giunta e ha imposto una malsana dipendenza della stessa Regione Lazio dall’offerta dei servizi di imprenditori privati che, indirettamente, sono coloro che determinano l’indirizzo attuale della politica di smaltimento e nei confronti dei quali si soprassiede quando le autorizzazioni in loro possesso non risultano in perfetta regolarità. Da ultimo, la “sindrome dell’emergenza” e del commissariamento comportano alla Regione costi maggiori rispetto alla spesa che viene preventivata per quanto concerne la gestione dei rifiuti, bonifiche ambientali e, di conseguenza, emergenze sanitarie e ambientali. È opinione degli interroganti che attuare una più puntuale revisione dei controlli autorizzativi e dell’applicazione delle prescrizioni normative garantisca un migliore funzionamento generalizzato del ciclo dei rifiuti che automaticamente esclude dal processo, comunque economico, gli attori che non hanno effettive risorse finanziarie tali da garantire un governo delle proprie attività secondo quanto impongono la normativa e le regole del mercato;
si ricorda che l’art. 29-decies (rubricato “Rispetto delle condizioni dell’autorizzazione integrata ambientale”) del decreto legislativo n. 152 del 2006, al comma 3, recita: “L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, per impianti di competenza statale, o, negli altri casi, l’autorità competente, avvalendosi delle agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente, accertano, secondo quanto previsto e programmato nell’autorizzazione ai sensi dell’articolo 29-sexies, comma 6, e con oneri a carico del gestore: a) il rispetto delle condizioni dell’autorizzazione integrata ambientale; b) la regolarità dei controlli a carico del gestore, con particolare riferimento alla regolarità delle misure e dei dispositivi di prevenzione dell’inquinamento nonché al rispetto dei valori limite di emissione; c) che il gestore abbia ottemperato ai propri obblighi di comunicazione e in particolare che abbia informato l’autorità competente regolarmente e, in caso di inconvenienti o incidenti che influiscano in modo significativo sull’ambiente, tempestivamente dei risultati della sorveglianza delle emissioni del proprio impianto”, in cui vengono chiarite le competenze dell’Arpa, in questo caso del Lazio. Lo stesso articolo al comma 10 novella che: “In caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie, l’autorità competente, ove si manifestino situazioni di pericolo o di danno per la salute, ne dà comunicazione al sindaco ai fini dell’assunzione delle eventuali misure ai sensi dell’articolo 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265”, ricordando l’importanza dell’intervento degli amministratori di ciascun Comune, il quale intervento sarebbe fondamentale anche durante la fase di istruttoria delle AIA, momento che registra spesso un disinteresse manifestato dall’assenza di osservazioni. Infine, al comma 11-bis si legge: “Le attività ispettive in sito di cui all’articolo 29-sexies, comma 6-ter, e di cui al comma 4 sono definite in un piano d’ispezione ambientale a livello regionale, periodicamente aggiornato a cura della Regione o della Provincia autonoma, sentito il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, per garantire il coordinamento con quanto previsto nelle autorizzazioni integrate statali ricadenti nel territorio, e caratterizzato dai seguenti elementi: a) un’analisi generale dei principali problemi ambientali pertinenti; b) la identificazione della zona geografica coperta dal piano d’ispezione; c) un registro delle installazioni coperte dal piano; d) le procedure per l’elaborazione dei programmi per le ispezioni ambientali ordinarie; e) le procedure per le ispezioni straordinarie, effettuate per indagare nel più breve tempo possibile e, se necessario, prima del rilascio, del riesame o dell’aggiornamento di un’autorizzazione, le denunce ed i casi gravi di incidenti, di guasti e di infrazione in materia ambientale; f) se necessario, le disposizioni riguardanti la cooperazione tra le varie autorità d’ispezione”, per quanto concerne la parte di controllo demandata agli enti di governo locale;
considerato infine che in un articolo de “il Fatto Quotidiano” on line del 15 ottobre 2017 si cita la sentenza del Tar Lazio 28 agosto 2017, n. 9442: “Il perseguimento del profitto imprenditoriale, che è il motore dell’economia, non deve mai essere disgiunto né andare a discapito dell’interesse pubblico alla tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini”. Si tratta della discarica per inerti di Magliano romano, “i cui titolari, dal 2007, hanno presentato una lunga serie di istanze per ampliare tipologia e quantità di rifiuti ammessi, accolte, esplicitamente o tacitamente dalla Regione ma regolarmente annullate dal Tar del Lazio ed immediatamente riautorizzate, dopo l’annullamento, dalla Regione. Fino ad arrivare, a fine 2016, ad ottenere un aumento autorizzato alla deroga, nella misura del triplo, ai valori limite per l’accettabilità dei rifiuti in discarica. Il tutto, peraltro, decidendo solo sulla carta in base alle dichiarazioni dei gestori, senza alcuna indagine in loco da parte di regione o Arpa. (…) In tal modo si fa prevalere l’interesse al profitto privato sull’interesse pubblico alla tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini”, aggiungendo significativamente che “tale interesse, in ossequio al principio di precauzione, va infatti protetto non solo perché tocca diritti costituzionalmente garantiti ma anche perché rappresenta, se adeguatamente tutelato, anch’esso volano dell’economia, quantomeno di pari rango, nella misura in cui previene, evitandole, le pesanti ricadute in termini di costi a carico della collettività per bonifiche e cure sanitarie (spesso inefficaci) conseguenti a inquinamenti ambientali e danni alla salute”. In sostanza, quindi, la sentenza merita di essere segnalata perché contiene alcune importanti precisazioni: 1) la tutela dell’ambiente deve basarsi sulla prevenzione in ossequio al principio di precauzione, la cui applicazione comporta che, come affermato nel 2013 dal Consiglio di Stato (sentenza n. 4227), ogni qualvolta non siano conosciuti con certezza i rischi indotti da un’attività potenzialmente pericolosa, l’azione dei pubblici poteri debba tradursi in una prevenzione anticipata; 2) la tutela dell’ambiente, così intesa, deve prevalere sull’interesse al profitto non solo perché lo impone la Costituzione ma anche perché conviene dal punto di vista economico, in quanto solo in tal modo si evitano alla collettività le ingenti spese necessarie per rimediare (per quanto possibile) ai danni dell’inquinamento su salute e ambiente”,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti;
se, alla luce del ricorrente schema di elusione degli obbligatori iter autorizzatori e al di là dell’intervento delle autorità giudiziarie, non ritenga di dover intervenire urgentemente per un monitoraggio delle AIA concesse su tutto il suolo regionale laziale alla luce dei commi 3, 10 e 11-bis dell’art. 29-decies del decreto legislativo n. 152 del 2006 e della sentenza del Consiglio di Stato n. 4227 del 2013 per assicurare il corretto svolgimento della prassi amministrativa correggendo eventuali lacune procedurali generali, sanzionare eventuali inadempienze, valutare se l’organico di cui sono dotati gli enti locali competenti è sufficiente per coprire il fabbisogno amministrativo locale del settore dei rifiuti, garantire i diritti costituzionali inerenti alla salute delle popolazioni che vivono a ridosso di impianti che rientrano nel ciclo dei rifiuti, la corretta salvaguardia ambientale, non concedere un indebito vantaggio economico a quelle imprese che speculano sfruttando le lacune amministrative e di controllo del sistema di smaltimento dei rifiuti a discapito delle comunità ed ecosistemi in cui si collocano;
se ritenga opportuno adottare adeguati provvedimenti affinché non si ricorra con estrema frequenza a procedure straordinarie quali il commissariamento emergenziale all’interno della Regione Lazio, circostanza che comporta maggiori oneri di gestione per le già esigue disponibilità finanziarie di questo ente territoriale; se non ritenga opportuno fornire quanto prima risposta agli atti di sindacato ispettivo 4-02615 e 3-03912 per concedere agli attori regionali una migliore comprensione normativa del quadro attuale”.
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.