Il dibattito sul porto di Anzio, organizzato questa mattina a Villa Sarsina dal Presidente della Capo d’Anzio Luigi D’Arpino, come era prevedibile, ha scaldato gli animi. Tanti i presenti, quasi tutti venuti per contestare. Il progetto, l’iter, la scarsa chiarezza su alcuni passaggi, una comunicazione non esemplare con i cittadini su modifiche, fideiussioni, avvio dei lavori, soldi spesi fino ad ora, soldi da spendere. L’evidenza ad un osservatore non coinvolto in una dinamica lunga 14 anni, era la presenza di due verità, entrambe forti. La prima verità è quella dell’iter portato avanti dall’amministrazione comunale sotto quattro amministrazioni comunali, tutte votate a larghissima maggioranza dai cittadini. “Per me – ha detto D’Arpino – contano come referendum. Questo – ha ribadito – è il progetto del nostro porto, quello che intendiamo realizzare”. L’altra verità era quella del pubblico che si contesta i metodi, la scarsa chiarezza, contesta le spese, la società ma soprattutto contesta il progetto. E’ un progetto ambizioso, al limite del faraonico, ci sono situazioni strutturali in città difficili da superare anche guardando bene il plastico. Un progetto destinato a cambiare volto alla città, a darle una nuova dimensione un progetto che probabilmente non sarà mai realizzato così come è stato disegnato sulla carta. Un progetto che è facile da non amare per chi ama la città di Anzio così come è ora, a misura di passeggiata, con i pescherecci a vista, senza yatch di lusso (per cui sono previsti spazi e servizi), senza un vero turismo (se non nelle parole vane degli amministratori che di turismo pare sappiano solo parlare) senza un’economia, se non di nicchia, legata al porto. La prima verità ha dalla sua un inter portato avanti correttamente e le “carte in regola”. La seconda verità vuole poter conservare quanto di bello c’è oggi in questa città “a misura”. Ma è il progetto faraonico ad essere stato votato e votato e votato dalla maggioranza dei cittadini. E questa è una terza verità, che magari non ci piace e certamente si può contestare ma non si può negare.
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