Home Politica Giornata della Repubblica, le riflessioni di Roberto Alicandri

Giornata della Repubblica, le riflessioni di Roberto Alicandri

Il 9 febbraio, repubblicana Giornata della Memoria, è una data sulla quale ogni mazziniano si ostina a ritornare, come si ritorna alla casa delle radici, tra i luoghi che hanno visto la nascita di una lunga storia. Memoria non tanto di una tragedia subita, per quanto quei cinque mesi si conclusero con la sconfitta, ma di una lezione magistrale di ribellione. Atto di ribellione per autodifesa contro le angherie settarie di un mondo papalino oscurantista e obsoleto; ribellione per disegnare un sogno che si spezzò ma che permise e ancora ci permette di intraprendere un cammino e andare avanti; e ribellione come atto di ricerca della bellezza e della gioia della vita pubblica, come felice espansione di ogni persona. Questa, ancor più di qualsiasi altro valore, è oggi la bussola di una ricorrenza che dovrebbe entrare nel patrimonio di una nuova generazione di giovani che in questo turbolento inizio del XXI secolo hanno bisogno di esempi veri di come si possa progettare il proprio avvenire. Perché il 9 febbraio l’Italia compì un passo in avanti: democrazia, triumvirato anziché leaderismo, suffragio universale (incluso, anche se la consuetudine prevalse, suffragio femminile), libertà di culto, abolizione della pena di morte, netta separazione tra Stato e Chiesa, e altro ancora. Un cantiere di innovazioni che plasmavano un mondo altro, radicalmente diverso, un mondo del futuro rispetto a quanto veniva praticato nel XIX secolo e che, attraverso una rivoluzione democratica e non dittatoriale, uscì dai sogni utopici per farsi realtà istituzionale. E non in una remota landa del Nuovo Mondo, terra di tanti incerti esperimenti politici, ma nel cuore della civiltà occidentale, nella Città Eterna del papato, che ardire. Ancora oggi restiamo arretrati rispetto a quella generosa fuga in avanti: gli strumenti di democrazia partecipata o la laicità delle istituzioni, la capacità di guardare altro nel progetto nazionale in virtù del patto inscindibile tra Dio e Popolo, ricamato nella bandiera che fu il primo tricolore italiano, sono altrettanti valori che restano gli obiettivi inattuati di uno Stato che voglia disporre di ciò che serve per essere forte nella selva delle complessità del XXI secolo. In quei frementi cinque mesi, Roma, e con essa il pensiero mazziniano, divennero il centro del mondo, o almeno il centro del pensiero politico e delle riforme, con una tensione e una contemporaneità tuttora inscalfibili. Il 9 febbraio non si ricorda dunque un museo, un feticcio che poi viene messo in naftalina per i giorni restanti. Non si dovrebbe parlare di “commemorazione”, ma di festa, come si festeggia il futuro migliore.

Roberto Alicandri