Effetto sorpresa questa mattina all’ospedale “Riuniti” di Anzio e Nettuno con uno striscione a firma di CasaPound Italia recante un inequivocabile messaggio “Ci vediamo presto”.
“Siamo stati parte integrante dei 43 giorni di Presidio dell’estate del 2015 – dichiarano gli esponenti di CasaPound in una nota stampa – in quell’occasione evitammo di esporre simboli politici per cercare di coinvolgere tutta la società civile. Furono oltre settemila le firme raccolte nel tentativo di smuovere gli amministratori della Asl di competenza, nonché la Regione Lazio, a prendere i necessari provvedimenti volti a ripristinare l’efficienza della struttura che nel periodo estivo ha un bacino di utenza potenziale di 300.000 persone”.
Lo scorso anno, sempre senza simboli politici, parteciparono oltre a privati cittadini anche componenti di Noi con Salvini, Città Futura e, per i primi giorni, Fratelli d’Italia.
“Il Presidio l’anno scorso – proseguono gli esponenti di CP – suscitò la preoccupazione di molti membri del Consiglio Regionale che accorsero al nosocomio per rendersi conto della situazione in cui lo stesso versava. Poco o nulla è cambiato da allora. La nostra azione è servita indiscutibilmente – a detta di attendibili fonti interne – a far sì che la struttura fosse dotata di una nuova tac, fattispecie che fino a pochi mesi fa obbligava chi necessitasse di specifici esami ad essere trasferito presso l’ospedale di Velletri. Siamo comunque convinti che il Presidio abbia portato alla luce anche alcune manovre volte a rendere l’ospedale inefficiente a vantaggio del Policlinico dei Castelli che vedrà la luce tra pochi mesi”. Non è dato sapere quale sarà la modalità della protesta di questa estate ma l’intento è quello di spingere chi ne ha l’autorità a provvedere ad integrare le risorse mediche e sanitarie necessarie ad affrontare la stagione estiva. “Non vogliamo più vedere il personale spremuto sino allo sfinimento – concludono da CasPound – ed i pazienti costretti a trascorrere giornate sulle barelle in corsia perché medici ed infermieri non riescono a lavorare al ritmo di un robot”.