E’ il comandante della Polizia locale del comune di Nettuno Antonio Arancio ad intervenire, con una lettera aperta, sul caso dell’assenteismo dei vigili del comune di Roma la notte di capodanno.
“Premetto che quale Comandante di una struttura di Polizia Locale non voglio assolutamente giustificare nessuno, ritengo però giusto che l’annosa questione che riguarda la Polizia Locale di Roma (e non solo) venga analizzata con più attenzione e soprattutto con più professionalità, senza rancori e rappresaglie.
Di fronte a questo argomento la “gogna” non fa altro che generare altri danni istituzionali irreparabili. Non dimentichiamoci che la Polizia locale tutti i giorni è in prima linea contro gli atti di inciviltà, di illegalità e di malcostume diffuso. E’ estremamente utopistico pensare che all’interno del settore non ci siano mele marce, come d’altronde succede in tutti i settori (la politica in primis), però utilizzare il meccanismo di colpire tutti per colpire i pochi è sbagliato, fuorviante ed estremamente improduttivo. Bisogna colpire i fannulloni, capire le ragioni di chi ha creduto di agire in quel modo pensando di rivendicare la propria dignità di lavoratore, perdendola di fatto.
Un’attenta analisi ci conduce però ad alcune riflessioni: la Polizia Locale rientra in un contesto contrattuale che è lo stesso del personale amministrativo degli Enti Locali e nessuno ha mai voluto recepire la necessità di modificare tali assetti e di riformulare norme giuridiche alla luce del fatto che i tempi, ma soprattutto gli ambiti operativi, sono del tutto cambiati dal 1986 (data della legge quadro sulla Polizia locale) ad oggi. Noi troviamo nelle grandi città, e non solo, la Polizia locale che si occupa, oltre ai propri compiti istituzionali saliti dalla Legge di pubblica sicurezza, ordine pubblico (sia ordinario che straordinario) pur non essendo, di fatto, giuridicamente, Forza di polizia, quindi non rientrando nella sfera giuridica che la vede inquadrata nel comparto della pubblica sicurezza, con annessi e connessi.
L’ordinamento di Polizia locale varia da Regione a Regione, la gerarchia addirittura da comune a comune (abbiamo comandanti ingegneri, ragionieri – quando ci dice bene – e porta borse in generale); manca un assetto gerarchico legittimato da una norma di Stato; marescialli, tenenti, capitani, generali, senza una legittimazione giuridica a livello centrale; manca l’Accademia e soprattutto meccanismi di assunzione per i Comandanti delle Polizie locali spesso reclutati al servizio della politica con il fatidico art 110 del testo Unico degli Enti Locali.
In questo contesto di confusione generale si procede ancora a danno della Polizia locale con l’abolizione dell’equo indennizzo per causa di servizio (e chi più ne ha più ne metta), con la rideterminazione del monte straordinario e in più ci sembra utile togliere la parola ai responsabili sindacali non autorizzando assemblee. Tutto questo, c’è da stupirsi, se non provocasse risentimenti di ordine sindacale e consequenziale malcontento che per quanto riguarda Roma è stato indubbiamente espresso con mezzi e prova di forza inaccettabili sia per la società civile ma soprattutto per la stessa categoria. Penso alla luce di quanto sta succedendo nel mondo, nel nostro Paese e negli Stati confinanti, che non sia proficuo sottovalutare la problematica in questione, concentrando gli sforzi e lo sguardo verso i vicini Paesi europei uniformando i cliché organizzativi più vicini alla Francia, alla Germania, all’Inghilterra e non a Cipro, con tutto il rispetto per esso (la nostra organizzazione è simile a Cipro e lontana dagli altri paesi europei) differenziando altresì le pianificazioni contrattuali dei dipendenti amministrativi che hanno compiti e peculiarità agli antipodi.
Genova (indagini G8 e alluvionati), Milano (tangenti, ‘ndrangheta ed Expo), la Terra dei Fuochi (morti in seguito ad inquinamento ambientale), le morti a causa del terrorismo dimostrano che la Polizia locale, anche avendo una legittimazione borderline nel perseguire tali compiti, è sempre presente con successo. Da una semplice analisi giuridica, contrattuale e sul campo, è risultato facile individuare quali siano gli elementi fragili da eliminare e modificare, evitando il più possibile la propaganda politica, la gogna mediatica e l’inevitabile delegittimazione di tutta la categoria con ovvie ripercussioni anche gravi.
Spero che queste mie riflessioni – conclude Antonio Arancio – dettate da un’esperienza che è partita 30 anni fa dalla strada, possano far riflettere i Presidente del Consiglio, gli addetti ai lavori e anche l’Illustre sindaco di Roma Marino per far si che le Polizie locali escano dalla confusione giuridica per essere inquadrate a livello legislativo per quello che fanno e non per quello che conviene che facciano… quindi una riforma seria che possa far capire ai lavoratori se sono carne o pesce, con i propri diritti, ma soprattutto con i propri doveri legittimati con strutture formative e professionali che possano contribuire a costruire il poliziotto locale degli anni 2000”.