Il Sindaco di Pomezia si conferma vicina ai lavoratori di Fiorucci su cui pende la “mannaia” del licenziamento. Un taglio di 200 dipendenti, quello annunciato lo scorso 27 novembre, che mira a far fronte all’esubero legato alla chiusura di alcuni reparti di produzione dello storico marco di salumi italiani. Nei giorni scorsi il sindaco Felici aveva espresso tutta la sua vicinanza ai lavoratori sottolineando la sua intenzione di intervenire. Ieri pomeriggio il primo cittadino ha incontrato tutte le rappresentanze sindacali del salumificio facendosi promotore di un tavolo di confronto tra gli stessi sindacati e il Ministero del Lavoro per tentare di scongiurare i licenziamenti o per lo meno garantire una soluzione alternativa percorribile per gli operai licenziati.
“Sarà difficile, certo, ottenere un risultato concreto – scrivono dai sindacati – visto che l’azienda non ha dichiarato lo stato di crisi, ma ha deciso di procedere direttamente al licenziamento dei lavoratori. L’azienda, per il momento, non torna indietro sulla sua decisione, non parla di ammortizzatori sociali, ma vuole procedere con le lettere di licenziamento e poi con l’attivazione della Naspi. Questo aspetto tecnico rende difficile l’attivazione degli strumenti istituzionali che, di solito, vengono utilizzati per salvare i posti di lavoro a rischio, ossia proprio gli ammortizzatori sociali. In ogni caso, le assemblee e i picchetti continuano, ma certo stiamo anche attivando anche tutti i canali politico-isitituzionali a nostra disposizione per tentar di costringere l’azienda a fare un passo indietro. Intanto, l’11 dicembre incontreremo i vertici di Unindustria. Poi il Ministero del Lavoro”.
Quella di Fiorucci è la storia di un grande marchio del Made in Italy che dopo aver servito generazioni con i suoi prodotti eccellenti, si è piegata alle severe leggi di mercato, passando di mano in mano in balia di grandi società estere (prima fu comprata da una società messicana, poi da due fondi, tedeschi e irlandesi). La storia drammatica di 200 operai licenziati, tutti in una fascia età, quella sulla cinquantina, per cui è difficile il ricollocamento in altre aziende, è solo la punta dell’iceberg di una eccellenza italiana in decadimento che non è in grado di affrontare il mercato con competitività e di conseguenza rinunciando alla qualità dei prodotti e della manodopera nostrana. Il ministro Lollobrigida in visita a Pomezia ha ripetuto lo slogan: “L’Italia è imbattibile sulla qualità, ma sulla quantità non possiamo competere” e a questo punto non ci resta che pensare al sogno della “bella Italia” in cui le nostre migliori industrie continuano a chiudere reparti da una parte, licenziando a raffica, e dall’altra parte si fanno comprare e vendere da investitori stranieri. Non si può parlare più di made in Italy.