Cultura e Spettacolo

L’Istituto Loi ricorda Falcone, il Sindaco Casto si commuove in aula

Una mattinata per ricordare il giudice Giovanni Falcone, ucciso in un drammatico attentato a Capaci, Palermo, quella appena trascorsa all’Istituto Emanuela Loi di Nettuno, dedicato ad un’altra vittima di attentato, la giovane agente di scorta a Borsellino.

Sono passati 25 anni da quel drammatico giorno, un quarto di secolo in cui molto è cambiato e molto deve ancora cambiare. Eppure, come ha spiegato con passione la Dirigente scolastica Antonella Mosca “quello che tentiamo di insegnare a tutti voi ancora oggi – ha detto rivolta agli studenti – è proprio ad essere onesti, non cercare scorciatoie, non arretrare né cedere all’ingiustizia, all’illegalità”. Temi e fatti, quelli della lotta alla mafia quando era davvero difficile cercare di contrastare “un fenomeno umano” che sembrava soprannaturale, che sembrano molto lontani da Anzio e Nettuno, ma la mafia non è solo la presenza di cosche. La mafia è ignoranza su cui proliferano paure e pregiudizi. La mafia è una cultura che si deve provare a sconfiggere qualunque posizione si ricopra nella vita. Seduti al tavolo dei relatori, oltre alla Dirigente Antonella Mosca, il Dirigente del commissariato di Polizia di Anzio, Adele Picariello e il Comandante dei Carabinieri Raffaele Turano. Con loro il sindaco di Nettuno Angelo Casto, palermitano di nascita, che la mafia e la morte per mano dei mafiosi di alcuni coraggiosi uomini dello Stato, l’ha vista da vicino. “Io sono di Palermo – ha detto – un giorno con dei miei amici ero in strada, quando abbiamo sentito un boato fortissimo. Avevano fatto saltare l’auto di Rocco Chinnici. Avevo la vostra età e poco dopo sono andato via dalla Sicilia per entrare in polizia. Ma a commuovere il sindaco è stato un breve filmato trasmesso ai ragazzi, con le immagini e le frasi, bellissime, di diverse vittime della mafia. Peppino Impastato, il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, Pio La Torre, il primo a mettere il nome su una legge che toccava il patrimonio dei mafiosi e don Pino Puglisi”. “Puglisi – ha detto Casto ai ragazzi – era il mio insegnante di religione quando frequentavo il Liceo Vittorio Emanuele II a Palermo. Spesso ci portava al Convento di Baida a suonare e passare le giornate in modo spirituale e divertente. Non lo dimenticherò mai – ha detto quasi alle lacrime – capite voi che la mafia è questo, è uccidere chi vuole dare speranza, chi con le sue idee illumina la vita delle persone, per fare posto a paura e morte”.