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Il medico di Anzio Benedetta Armocida in Tanzania in lotta contro la malnutrizione

E’ Benedetta Armocida, 28 anni, di Anzio laureata da 4 anni in medicina ad aprirci una finestra su un mondo lontanissimo: la Tanzania, dove ci sono tanti bambini denutriti, spesso non solo per carenza di cibo ma per inadeguate abitudini alimentari. Non cerca fondi, fa parte di un progetto, e ci racconta una storia di vita e dedizione, che allarga il cuore. Ci racconta un’esperienza che da lontano ha il sapore dell’avvenuta e da vicino tocca con mano le sofferenze legate non solo alla povertà, ma alla carenza di cultura alimentare.
“Dopo la laurea – ci racconta – ho fatto un mese di volontariato in Tanzania, ma ho capito subito di voler tornare qui. Subito dopo ho fatto ricerca in Olanda per un anno e mezzo, dove sono entrata in contatto con un altro mondo, quello della salute globale. Ora ad aprile completo un Master con l’università di Firenze, Brescia e Verona proprio in medicina tropicale e salute globale. Per entrare in questo mondo – ci spiega Bendetta -devi avere esperienza. Io ora sono qui grazie il progetto della Regione Lazio “Torno subito”, e quindi per sei mesi farò il medico ricercatore sul campo e sono, con alcuni colleghi, la coordinatrice del sito Salute globale (sul sito si può leggere la testimonianza di Benedetta) All’Università di Brescia il professore cercava volontari per questo compito, a me piace scriver e mi sono offerta. Mi sono impegnata con altri colleghi e abbiamo iniziato questo percorso. E’ un anno che ci lavoriamo. Altri colleghi di questo progetto – aggiunge Benedetta – due sono in Burundi, uno in Mozambico. Sono venuta qui due mesi fa. Sono in una regione rurale, in una città che è il capoluogo di Regione. Il progetto Cuamm medici con l’Africa e si basa sul contrasto alla malnutrizione. Tanti sono i problemi, soprattutto legati alle distanze. I bambini malnutriti nei villaggi sperduti sono in difficoltà anche a muoversi, spesso perché mangiano sempre le stesse cose. Facciamo training alle persone nei villaggi. Li selezioniamo e li incentiviamo per impegnarsi ad educare i residenti nei villaggi ad una corretta nutrizione. Spesso la malnutrizione è legata alla stagione, non variano l’alimentazione pur potendo. Molti hanno troppi figli, tradizioni errate, credenze religiose che creano disagi ai bambini piccoli (quando restano di nuovo incinta, ad esempio, interrompono l’allattamento). Tante volte anche l’igiene crea problemi. La carenza di vitamine è un serio problema. Le persone che formiamo cucinano nei villaggi, fanno vedere come migliorare la situazione, e poi ci sono momenti di verifica su tanti dati raccolti. Altezza, peso, crescita. I bambini si dividono in casi complicati e non. Forniamo loro barrette caloriche che sembra un biscotti. Tante al giorno in base al peso. Li seguiamo fino a che non raggiungono il peso target e possono uscire dal programma. Alle volte non ritornano. Se spariscono perché le madri sono di nuovo incinta, li cerchiamo noi. I bambini complicati sono i più difficili da trattare, vanno negli ospedali e vengono trattati con gli antibiotici, il latte e poi la transizione al cibo terapeutico. Cerchiamo di essere di supporto al governo locale. Qui l’ospedale è gratis per anziani, bambini e donne incinte ma sono strutture spesso fatiscenti. Facciamo anche training sanitario agli infermieri o anche persone volontarie che aiutano educate sulle linee guida per trattare i bambini malnutriti. La supervisione è bella, l’abbiamo fatta in 28 dispensari, centinaia di km tra paesaggi meravigliosi e siti dispersi nel nulla. Su tante cose non riesci a darti risposta – racconta – alle volte assale la frustrazione, l’idea che non ce la si può fare a mettere tutto apposto ma vedere che solo un bambino che si salva e supera la malnutrizione o la malattia ti da la forza di andare avanti. E’ un’esperienza che tocca emotivamente – conclude – la sera quando torni a casa dopo una giornata di camminate e lavoro, in cui magari la luce va via e l’acqua finisce, hai solo voglia solo di dormire anche se spesso torna in mente la sofferenza a cui hai assistito”. Eppure Bendetta è li. “Voglio restare – spiega – perché sono giovane e ho energia, l’idea di partire per queste zone nasce dalla voglia di cercare di cambiare le cose ma anche di lasciare quello che si sa agli altri sperando che serva davvero a salvare qualcuno. Per me è inaccettabile pensare che un bambino muoia di fame nel 2018. Non lo posso davvero accettare. E c’è anche la voglia di scoprire il mondo, mettermi alla prova, qui nulla è davvero facile ma fortuitamente le persone sono pacifiche e accoglienti, ovunque vai sono sorridenti, ti danno il benvenuto. Questo è tanto. Confrontarsi con un’altra cultura è bello, dare ma anche prendere”. Il progetto medici con l’Africa Cuamm, lo ricordiamo, ha lo scopo di contrastare la malnutrizione acuta e grazie anche a Bendetta, ci prova con molto, molto impegno.