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Da Nettuno a Torino per la finale di Champions: “Sembrava di essere in guerra”

Il racconto di Gianni, 54enne di Nettuno. "Avevo le braccia piene di sangue, ma non era mio. Per un'ora ho cercato mio figlio. E' stato terribile"

Un gruppo di amici un viaggio in macchina fino a Torino, la gioia di stare insieme e di vivere l’emozioni della finale di Champions League della propria squadra del cuore. Poi basta un attimo e poi tutto cambia, la gioia diventa paura, il divertimento diventa panico. Il 3 giugno in piazza San Carlo a Torino c’erano anche sei persone di Anzio e Nettuno che avrebbero immaginato quello che gli sarebbe accaduto. “Siamo partiti di Nettuno con una macchina sette posti – racconta Gianni – eravamo quattro amici, Salvatore, Edoardo, Gianni, Giuseppe, mi figlio Damiano e un suo coetaneo Agostino. Appena arrivati in piazza San Carlo ci siamo accorti subito che la situazione non era il massimo sotto il punto di vista della sicurezza: non si può chiudere una piazza con 20-30 mila persone dentro senza vie di fuga. Eravamo sotto il Caval ëd Bronz ed è successo tutto in un attimo – prosegue Gianni – io non ho sentito nessuna esplosione, ho visto solo un’onda umana che mi veniva addosso e gente che urlava. Nella calca sono caduto sopra una ragazza, l’ho aiutata ad alzarsi e lo spinta verso l’uscita della piazza per evitare che venisse calpestata. Per terra era pieno di bottiglie rotte, ovunque c’erano passeggini abbandonati e persone ferite. Sembrava di essere in mezzo ad una guerra. Una volta uscito dalla calca – dice ancora – ho cercato mio figlio, ma non riuscivo a trovarlo. Sono tornato nella piazza per cercarlo per tre volte, ma tutte le volte l’onda umana si ripresentava perché l’allarme “colpiva” altre zone della piazza ed altre persone scappavano e tutte le volte ero costretto ad uscire di nuovo. Solo dopo un’ora sono riuscito a sentire mio figlio. Si era rifugiato in un condominio insieme ad altre persone ferite, ma per fortuna stava bene. Non riuscivamo a contattarci con il cellulare, ma un signore che era con lui e lo ha visto spaventato lo ha aiutato e lo ha fatto telefonare con il suo cellulare che invece non aveva problemi di linea. Ci siamo dati appuntamento vicino ad una camionetta della polizia e ci siamo ritrovati con gli altri e verso l’1 siamo riusciti ad andare via”.

Anche Gianni è rimasto ferito lievemente alle gambe, ma per fortuna non ha avuto bisogno dei soccorsi che sono scattati velocemente e prontamente. “Avevo paura perché avevo le braccia piene di sangue – racconta Gianni – poi, però, mi sono accorto che non avevo ferito, a parte qualche graffio alle gambe. Quel sangue non era mio, ma posso dire che gli uomini della croce rossa sono intervenuti immediatamente per aiutare i feriti. Sono venuti anche da me, ma gli ho detto che stavo bene”.