E’ un cittadino e parente di una persona ricoverata al Pronto soccorso di Anzio a diffondere una foto, l’ennesima, che racconta di una struttura inadeguata, sottodimensionata, affollata. Una struttura per cui la politica locale non si batte e su cui la Asl non ha alcuna voglia di investire neanche un euro per renderla migliore e minimamente adeguata ad un territorio in crescita.
Si vedono in foto sei persone su altrettante barelle, stipate in uno spazio angusto e inadeguato, uno spazio in cui di fatto si nega al cittadino un trattamento umano. Uno spazio invivibile. Cosa si può tuttavia pretendere da una struttura medica che al momento ospita nel solo Pronto soccorso, 39 persone, (i dati fanno riferimento al sito pronto soccorso on line della Regione Lazio) di cui 6 in attesa, 16 in cura e 14 in attesa di trasferimento presso altra sede? Cosa si può pretendere se al servizio di 39 persone che chiedono soccorso medico ci sono due medici (ma se si deve accompagnare un paziente ad altra struttura ne resta solo uno) e 4 o al massimo 5 infermieri, con turni stressanti, spesso doppi? Raccontiamo oggi per l’ennesima volta una storia che conosciamo bene tutti. La storia di un Pronto soccorso che dovrebbe essere più grande e meglio attrezzato, con spazi maggiori, posti letto, osservazione breve. La storia di un pronto soccorso che dovrebbe contare su più personale fisso tutto l’anno e su dei rinforzi d’estate. Basta guardare ai numeri e agli accessi e fare il raffronto con altre strutture del Lazio per capire quanto l’ospedale sia “maltrattato” dalla Asl nella riparazione di personale e risorse e di come i vertici aziendali siano veri campioni nell’ignorare senza coscienza i problemi che si presentano ciclicamente.
Si avvicina a grandi passi la stagione estiva, in cui la popolazione triplica e gli accessi al Pronto soccorso quintuplicano, ma non si ha notizia alcuna di rinforzi anche stagionali per dare una mano al personale al limite della sopportazione, che d’estate deve fare i conti anche con le ferie obbligate.
Certo ci sono anche altre considerazioni da fare. I pazienti in attesa di trasferimento spesso rifiutano il ricovero in strutture limitrofe. Non si accetta il trasferimento a Latina, al Campus di Trigoria, agli ospedali dei castelli e a quelli romani. Sono lontani, creano disagio alle famiglie. Il mito dell’ospedale sotto casa è tramontato da tempo, c’è chi non si rassegna e, ovviamente sbaglia. C’è il problema di molti anziani senza particolari patologie se non i malesseri legati all’età avanzata, abbandonati al pronto soccorso da familiari anche loro senza coscienza, che magari vogliono due giorni liberi e non vogliono o non possono sostenere i costi di una struttura a lunga degenza. Il Pronto soccorso fa da scudo anche sociale in troppe situazioni. Ma questo non toglie il fatto evidente da anni, e ancora senza soluzione, che serve un Pronto soccorso più grande e con più personale. Serve ora per dare una risposta sanitaria adeguata, ma tutti sembrano voltati dall’altra parte.
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