L’ansia nel bambino è un argomento assai complesso sia perché ha radici profonde e la si può incontrare fin dai primi mesi di vita del neonato, sia perché ha diverse manifestazioni nel corso della vita del bambino prima, del “ragazzino” (tra i 9 e i 13 anni) poi, e dell’adolescente in seguito. Partendo dall’assunto che l’ansia è un’evoluzione della paura possiamo affermare che tali reazioni di paura sono generalmente accomunate da dal fatto che compaiano solitamente in momenti di “crescita”, ovvero in quei delicati momenti in cui compare un sentimento di “individualità” (ad esempio la tipica “ansia da separazione” interviene quando il bimbo va al nido ed è quindi “costretto” a crescere e costruire la sua identità separandosi dalla mamma). Allo stesso tempo tali reazioni dipendono molto dal clima familiare: sappiamo infatti che molte paure, come quella degli animali (es. i cani o l’acqua) sono di solito indotte sia da un eccessivo timore dei genitori nel momento in cui il bambino tocca l’animale o entra in acqua, che dalla mancata percezione della legittima paura del bambino (e qui vediamo genitori che “forzano” il contatto con l’animale o con l’acqua, facendo aumentare la sua paura). Infine, anche l’apprendimento ha un ruolo essenziale: se le prime esperienze sono state infatti percepite dal bambino come cariche di tensione da parte delle figure di accudimento, il bambino avrà appreso quella tensione ed affronterà con paura gli stimoli che gli verranno proposti in futuro.
Le cause dell’ansia, come evidente, variano a seconda dell’età del bambino: possiamo così notare che fino ai due anni i bambini hanno delle reazioni “particolari”, quale è il pianto, di solito di fronte a figure sconosciute o a stimoli sensoriali intensi (ad es. un boato); dai 2 ai 4 anni sono invece spaventati da creature immaginarie, ladri, aggressori, buio, animali di un certo tipo, ecc..; dai 5 ai 7 anni si preoccupano di catastrofi naturali, incidenti, animali, film alla televisione, ecc..; dagli 8 agli 11 anni sono preoccupati della performance scolastica e tra i 12 ed i 18 la relazione tra pari o l’esclusione dal gruppo dei coetanei può essere un motivo di timore.
In linea generale il concetto di ansia (sia nel bambino che negli adulti) va considerato lungo un continuum (una linea), ove da un lato abbiamo una normale e fisiologica “ansia” (come l’ansia da separazione, talmente tipica da essere considerata “di sviluppo”) mentre al lato opposto abbiamo quella che chiamiamo “angoscia”, che invece è considerata patologica. L’ansia da separazione si intravede ogniqualvolta (fino ai 4 anni) il bambino ha reazioni “particolari” circa il tema del “distacco” dalla mamma. Così considereremo “normale” un bimbo di 1 anno portato all’asilo che, una volta che la mamma è uscita dalla classe, per una decina di minuti piange in braccio alla maestra ma che, poco dopo, si lascia consolare e comincia ad affidarsi alla maestra e ad interessarsi ai compagnucci. Al contrario, considereremo uno stato di angoscia se lo stesso bimbo rimane inconsolabile per l’intera mattinata, se non vuole scendere dalle braccia né della madre prima, né della maestra in seguito, se allontana gli altri o se piange disperato attaccandosi alla porta. In linea generale l’angoscia da separazione si manifesterà con rabbia, malesseri eccessivi, oppositività a tutte le separazioni, forte prepotenza, necessità di dormire sempre con un adulto ed isolamento dagli altri bambini. Tutte queste manifestazioni, se non adeguatamente gestite dal genitore, possono tramutarsi, nel corso della crescita del bambino, in fobie (stati di panico e di angoscia legati ad un oggetto o ad una situazione specifica) o disturbi di panico veri e propri e, successivamente, in abbandono o rifiuto scolastico. La prossima settimana vedremo quali sono le manifestazioni dell’ansia in ogni fascia d’età ed in quali modi la si possa gestire.
Dott.ssa Elena Cagnacci Psicologo – psicoterapeuta
Consulente tecnico d’ufficio del Tribunale di Velletri
Consulente di mediazione familiare
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