Il contratto di mantenimento (o contratto di vitalizio improprio) è un accordo aleatorio con il quale una parte si obbliga, quale corrispettivo del trasferimento di un bene mobile o immobile o della cessione di un capitale, e fornire alla parte cedente prestazioni alimentari o assistenziali vita natural durante.
Naturalmente, il cedente è una persona anziana – di solito non autosufficiente ed incapace di provvedere autonomamente ai propri bisogni ed esigenze di vita – che trasferisce a favore dei figli o di altri soggetti (spesso badanti) le sue proprietà in cambio della garanzia del proprio mantenimento.
Si tratta, essenzialmente, di un contratto atipico poiché non espressamente regolato dal codice civile e, aleatorio, perché non è possibile prevederne la durata non potendo a priori affermare con certezza la presenza o meno di un vantaggio economico a favore di una delle parti.
Tale figura contrattuale trae origine dalla prassi nell’autonomia privata ex art. 1322 c.c. e trova riconoscimento nella giurisprudenza accanto alla figura tipica della rendita vitalizia.
Le affinità tra i due istituti si riscontrano nell’essere entrambi contratti consensuali, ad effetti obbligatori per il soggetto beneficiario della prestazione, e ad effetti reali per il soggetto obbligato alla prestazione (l’acquisto immediato del bene).
Entrambi, possono essere a titolo gratuito o a titolo oneroso, nella seconda ipotesi si qualificano quali contratti di scambio con attribuzioni corrispettive e di durata caratterizzati dall’aleatorietà.
Proprio per questo suo carattere di aleatorietà, occorre che le prestazioni a carico delle parti siano caratterizzate da omogeneità e proporzione.
Nel contratto si mantenimento, infatti, la Suprema Corte cita: “è richiesta una comparazione delle prestazioni sulla base dei dati omogenei, quali la capitalizzazione della rendita reale del bene. Capitale trasferito e la capitalizzazione delle rendite e delle utilità periodiche dovute nel complesso dal vitaliziante, secondo un giudizio di presumibile equivalenza o di palese sproporzione da impostarsi con riferimento al momento di conclusione del contratto”(Cass. Civ. sez. II^ 19 luglio2011, n. 15848).
Più recentemente: “Nel contratto di mantenimento è necessario che le prestazioni a carico delle parti siano caratterizzate da omogeneità e proporzione, onde evitare un uso distorto di questo contratto” (Cass. Civ. sez. II^, sent. n. 7479 del 25 marzo 2013).
Il contratto di mantenimento, peraltro, è un altro sistema valido ed alternativo alle donazioni classiche con onore poiché presta più garanzia alla persona che diventa debole, in quanto, l’oggetto del contratto è appunto una prestazione infungibile sia di “dare” che di “facere”, consistente in una assistenza materiale, morale e spirituale.
Tuttavia, c’è da dire che la scelta di stipulare un contratto di mantenimento và ponderata poiché il bene oggetto del trasferimento con obbligo di mantenimento non rientrerà nell’asse ereditario, a differenza di quanto accade nella donazione che può essere fatta oggetto di riduzione da parte dei legittimari lesi nella quota di legittima.
Avvocato FABRIZIO LANZI
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