Tutto da rifare nel processo per il furto milionario nella villa dell’avvocato Carlo Taormina a Roma. La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza assolutoria per la ex colf del noto penalista, la 56enne Ivana Santanastasi, di Anzio, e per il genero, il 39enne neroniano Manuel Gubitosi, disponendo un nuovo processo d’appello.
Il 28 maggio 2009 l’allora colf di Anzio chiese aiuto, sostenendo di essere stata aggredita da un rapinatore e malmenata nella villa dell’avvocato Taormina a Trastevere, da cui il malvivente, dopo essere riuscito ad aprire la cassaforte, si era dileguato con un bottino di gioielli e denaro contante per un totale di 2,3 milioni di euro. Alla luce di alcune testimonianze, tra cui quelle di alcuni familiari della donna, di incongruenze sul racconto della rapina e dell’improvviso miglioramento delle condizioni economiche di Santanastasi e del genero, gli inquirenti si convinsero però che a compiere la razzia fosse stata proprio la 56enne, con l’aiuto di Gubitosi. Imputati per furto aggravato, i due vennero assolti dal Tribunale di Roma il 10 gennaio 2012 e l’assoluzione venne confermata il 22 marzo dell’anno scorso dalla Corte d’Appello di Roma. Per i giudici mancavano prove sulle impronte trovate nella villa, non era stato trovato in possesso degli imputati il bottino, la combinazione della cassaforte corrispondeva alla data di nascita di una delle parti civili, Taormina e la moglie Maria Celestina Del Signore, ed era facilmente intuibile, il miglioramento delle condizioni economiche della colf e del genero poteva derivare dai risparmi della donna e da un aiuto avuto dal giovane dai genitori, e non era significativo neppure il particolare che successivamente la donna si sarebbe impossessata di un bracciale e di una borsa costosa della moglie del penalista. Tanto il Procuratore generale quanto le parti civili non si sono però arresi e il loro ricorso è stato ora accolto dalla Cassazione. Gli ermellini hanno bocciato le spiegazioni fornite dai giudici d’appello sull’inattendibilità dei testimoni, hanno ritenuto illogico non disporre una perizia sulle impronte e le tracce biologiche repertate nella villa, e non hanno condiviso che sia stato ritenuto irrilevante l’improvviso miglioramento delle condizioni economiche dei due. La sentenza assolutoria è stata così annullata, con rinvio a un’altra sezione della Corte d’Appello di Roma, per una rivalutazione globale del materiale a disposizione dei giudici e per chiedere un nuovo processo per i due neroniani.