Sono passati 36 anni da quella drammatica mattina del 2 agosto. Erano le 10,25 di un sabato come tanti che però fece sprofondare l’Italia nel terrore. Una bomba posta alla stazione centrale squarciò la tranquillità di Bologna. Quella mattina a pochi passi da lì tanti nettunesi al seguito della squadra per la partita di campionato tra Nettuno e Bologna, proprio come oggi. La squadra e i suoi tifosi alloggiavano all’hotel Jolly, a 100 metri dalla stazione. Nel relax mattutino in attesa di gara2 la sera stessa d’improvviso la paura. “Era una mattina come tante altre in trasferta – racconta il lanciatore Pietro Cianfriglia – ci stavamo rilassando e io, Alfredo Lauri e Giampiero Faraone decidemmo di andare a fare una passeggiata fino in piazza del Nettuno per comprare le sigarette. Stavamo camminando sotto i portici quando abbiamo sentito un boato fortissimo. Siamo tornati di corsa verso l’albergo dove alloggiavano i nostri compagni, amici e parenti. Ci siamo cercati, c’era molta paura perché a dividere l’albergo dalla stazione c’era solo un palazzo. Per fortuna ci siamo ritrovati tutti e tutti stavano bene. Abbiamo risposto all’appello di richiesta del sangue. Ci fu una risposta di generosità enorme tanto che in giornata uscì l’annuncio che il sangue raccolto era addirittura in eccesso. Abbiamo visto morti intorno a noi, tantissimi feriti e nel nostro abbiamo cercato di dare una mano nei soccorsi. Pensavamo che alla fine la partita della sera non si giocasse, invece andammo in campo, ma lo spirito e il pensiero erano rivolti alle vittime della strage. In campo eravamo due squadre distrutte, fu una partita bruttissima in un clima irreale”.
“Aveamo appena finito di fare colazione in albergo – ricorda Stefano Bernicchia, giocatore di allora e dirigente oggi dell’Angel Service Nettuno Baseball City – con Giancarlo Niccolucci e Sergio Morville decidemmo di fare una passeggiata verso la stazione poi, non ricordo chi, ci fece cambiare idea e andammo sotto i portici. Abbiamo sentito una forte esplosione, ma non pensavamo ad un atto terroristico. Poi abbiamo visto un pullman di linea coperto con lenzuoli bianchi e abbiamo capito che la situazione era davvero drammatica. Ricordo gente che vagava come zombie in pieno stato confusionale e una donna con il volto coperto di sangue. Un’immagine che non scorderò mai. Alcuni di noi sono andati subito anche a dare una mano ai soccorritori. L’anomalia è stata che comunque si giocò la partita della sera in un clima surreale”.
Una tragedia che sconvolse l’Italia e che molti nettunesi hanno vissuto in prima persona. Questa sera in occasione della quarta gara di semifinale tra Bologna e Nettuno verranno commemorate le vittime di quella che resta la tragedia più grave dell’Italia del Dopoguerra.