I Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Anzio hanno arrestato a Nettuno, in flagranza di reato, una 26enne del luogo, incensurata e con un impiego part-time, ritenuta responsabile di tentata estorsione. L’indagine speditiva ha preso spunto dalla denuncia presentata qualche giorno addietro da un libero professionista del luogo che aveva rinvenuto all’interno della cassetta postale della propria abitazione un bigliettino minatorio manoscritto; nella lettera era presente una richiesta di 8.000 euro dietro la minaccia di ritorsioni nei confronti dei figli minori della vittima. L’uomo, in virtù anche di alcune telefonate anonime ricevute sulla sua utenza cellulare, ha deciso di rappresentare la propria situazione ai Carabinieri. L’incubo per il professionista, durato solo due giorni fortunatamente, è terminato l’altro pomeriggio quando l’aguzzina gli ha intimato di depositare la busta contenete la somma contante pattuita dietro un monumento situato in una zona centrale di Nettuno. Nel corso del predisposto servizio di osservazione attuato i Carabinieri del Nucleo Operativo, dopo aver di fatto cinturato tutta la zona, hanno bloccato la giovane donna mentre era in procinto di prelevare la busta dopo aver effettuato diversi sopralluoghi, simulando di essere una turista interessata a scattare delle foto. La donna, una volta fermata, ha cercato da subito di giustificare la sua presenza sul posto; poco dopo, tuttavia, nel corso della successiva perquisizione domiciliare si è avuta la piena conferma delle responsabilità a suo carico. I militari, infatti, hanno rinvenuto nella sua stanza altri manoscritti dello stesso tipo che la ragazza aveva già preparato nel caso in cui la vittima non avesse ottemperato alle sue richieste; nelle missive la donna, facendo leva sempre sull’incolumità dei bambini, aveva già preventivato di richiedere ulteriori somme, anche superiori rispetto a quella già avanzata. Fra i documenti è stata riscontrata la presenza di ulteriori richieste già indirizzate ad altre vittime e non ancora recapitate; vittime che in qualche modo erano conosciute in via più o meno diretta dall’aguzzina che faceva leva quindi su aspetti privati dei diretti interessati. Anche nel caso specifico, infatti, la donna era ben a conoscenza dei nomi dei due figli del libero professionista che, in virtù proprio di alcuni dettagli personali, aveva dato piena credibilità al tentativo di estorsione; fra l’altro, al fine di non essere intercettata l’insospettabile aguzzina aveva anche utilizzato dei call-center per effettuare le chiamate. In virtù degli elementi raccolti ed in considerazione anche dell’atteggiamento della donna, che nell’assumersi la paternità esclusiva del tentativo di estorsione ha cercato di giustificarsi paventando la necessità di reperire del denaro per questioni familiari, i militari operanti hanno proceduto al suo arresto. La giovane incensurata, trattenuta presso le camere di sicurezza, è stata giudicata con rito direttissimo la mattina successiva presso il Tribunale di Velletri dove è stata condannata alla pena di 1 anno e 4 mesi di reclusione.